Skip to main content
Scarica e leggi gratis su app

La faglia politica tra partiti e amministratori

Quel che si osserva è una progressiva destrutturazione del rapporto politico tra partiti e amministratori, a tutto vantaggio dei secondi

|

La faglia politica tra partiti e amministratori

Quel che si osserva è una progressiva destrutturazione del rapporto politico tra partiti e amministratori, a tutto vantaggio dei secondi

|

La faglia politica tra partiti e amministratori

Quel che si osserva è una progressiva destrutturazione del rapporto politico tra partiti e amministratori, a tutto vantaggio dei secondi

|
|

Quel che si osserva è una progressiva destrutturazione del rapporto politico tra partiti e amministratori, a tutto vantaggio dei secondi

Adesso tutti a candidarsi per le Europee, da Schlein a Meloni passando per Renzi, Bonino e Calenda. Salvini e Conte loro no: meglio stare nei confini nostrani per evitare brutte sorprese. Certo, sarebbe bello vedere una corsa simile alle Amministrative: Matteo 1 in lizza per sindaco di Milano; Matteo 2 a Firenze; Giorgia governatrice del Lazio; Elly in Emilia-Romagna con tanti saluti a Bonaccini e così via.

Fantasie. O whisful thinkink, se si preferisce. Però il problema c’è, al di là delle nuance provocatrici. Se infatti vogliamo sfuggire al battibecco avvilente di questi giorni, le polemiche sia a destra che a sinistra tra i governatori e i leader nazionali squadernano un problema che da troppo tempo cova senza che nessuno riesca (o voglia) porvi mano. E cioè la faglia sempre più profonda tra i poteri locali e quello centrale, tra i rappresentanti comunali e regionali e quelli partitici nazionali. In virtù infatti della riforma del Titolo V della Costituzione voluta dalla sinistra e successivamente con gli interventi legislativi tesi ad amplificare i poteri di chi gestisce i territori rispetto a chi determina e custodisce le leadership nazionali – al punto che in molti casi i presidenti di Regione si sono ritrovati ad avere più competenze e poteri perfino del presidente del Consiglio rispetto ai suoi ministri – il risultato è che gli eletti a livello locale sono diventati veri e propri tenutari esclusivi del loro territorio, concorrenti e competitori dei capipartito al punto da ignorarne le indicazioni e risultando un contropotere da nessuno stabilito ma inesorabilmente determinato. Vale per De Luca ed Emiliano (a proposito: complimenti per la performance su De Caro…) ma anche per Zaia (che Salvini vorrebbe in Europa per poi sentirsi rispondere: neanche per sogno) o Fedriga, che alcuni vedrebbero volentieri addirittura a via Bellerio al posto del vice premier e ministro delle Infrastrutture.

La realtà è che passo dopo passo gli eletti a livello amministrativo hanno sempre più ignorato le istanze e le richieste dei partiti. E il risultato è che questi ultimi evaporano a favore di quelli che Massimo D’Alema a suo tempo definì “cacicchi”, senza per questo in svariate occasioni non concorrere a crearli. Di conseguenza via via l’autonomia è diventata separatezza e sindaci e presidenti di Regione hanno fatto leva sul loro ancoraggio popolare per contrapporsi ai leader nazionali laddove i loro interessi risultavano divergenti rispetto ai desiderata dei segretari. Vale per il terzo mandato ma anche per l’abolizione del reato di abuso d’ufficio. Quel che si osserva, in buona sostanza, è una progressiva destrutturazione del rapporto politico tra partiti e amministratori, a tutto vantaggio dei secondi. Peccato che in questo modo i primi si trasformino in ectoplasmi e la loro capacità di intervento e di indirizzo inesorabilmente in un pio desiderio.

Per qualcuno un siffatto stato di cose è un bene, per altri un male. Certo è che se ognuno gioca per sé, sfruttando a proprio esclusivo vantaggio le camarille territoriali e gli interessi di parte, il pericolo è che venga leso quel bene fondamentale che in molti interventi il Presidente della Repubblica ha chiamato a tutelare: la coesione nazionale. Siamo una Repubblica nella quale gli equilibri di sistema si sono retti sulla base di partiti forti e istituzioni deboli. Di passaggio in passaggio i partiti, per responsabilità anche e soprattutto loro, hanno perso appeal e sostanza mentre le istituzioni non sono state ammodernate, riformate e tanto meno riformate.

In tutto questo il dramma vero non sono le intemerate di Emiliano o gli atteggiamenti da Masaniello di De Luca e neppure le insofferenze di Zaia. Bensì il fatto che la faglia abbia un riverbero inquietante nella partecipazione. I cittadini disertano le urne, sia nazionali che locali. E la democrazia s’impoverisce.

di Carlo Fusi

La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!

Leggi anche

Il caso Toti e la politica autolesionista

09 Maggio 2024
La vicenda del governatore ligure Giovanni Toti evidenzia, ancora, il vocabolario limitato e di …

Schlein, Jobs Act e il Pd radicalizzato

09 Maggio 2024
L’arresto di Giovanni Toti ha messo in sordina la polemica sulla decisione della leader del Pd E…

Autovelox, irregolarità da sanare non ignorare

09 Maggio 2024
L’annosa questione degli autovelox in Italia: nessuno è omologato, con la normativa piena di buc…

L’immunità immaginaria di Fassino

08 Maggio 2024
Nell’illustrare (si fa per dire) il caso incorso al deputato diessino Piero Fassino, c’è chi ha …

LEGGI GRATIS La Ragione

GUARDA i nostri video

ASCOLTA i nostri podcast

REGISTRATI / ACCEDI

Exit mobile version