Partiti e governo: fino a quando?
Partiti e governo: fino a quando?
Partiti e governo: fino a quando?
Fino a quando, adesso che i giochi del M5S di rito dimaiano sono intasati da strumentalità e quelli di rito contiano sono arrivati alla consunzione, dovremo vedere il Pd che si affanna a soffiare – ora e nella campagna elettorale del prossimo anno – un presunto spirito vitale nel Golem di una alleanza con un MoVimento che ormai si regge sul filo di bava delle sue contraddizioni, pronto a qualunque avventura pur di salvare la propria ragione sociale?
Fino a quando andrà in scena la rutilante acrobazia politico-istituzionale di un Matteo Salvini sempre meno Capitano e sempre più Fracassa, incapace di comprendere che il Parlamento è la culla del sistema democratico, il luogo in cui si confrontano e scontrano in una teorica tenzone migliorativa idee, progetti e programmi di varie forze politiche e che gli equilibri di governo sono una cosa e le possibili maggioranze parlamentari sono un’altra, evitando che quando le seconde si affacciano ci si precipiti a gridare allo sconquasso invocando il divino fuoco inceneritore? Anche per il divorzio e per l’aborto andò così, sapendo accogliere senza anatemi i dubbi di esponenti di maggioranza di primo piano, ministri compresi. Se il Parlamento nella sua autonomia prende una decisione è olio e non sabbia sul meccanismo democratico. E al dunque, se il via libera non piace, ci sono sempre i referendum, materia sulla quale il capo leghista è informato.
Ancora. Fino a quando Silvio Berlusconi il Perpetuo potrà giocare sugli stilemi – una volta aborriti e ora vellicati – della prima Repubblica, invocando una verifica che se presa sul serio dovrebbe mettere in primo piano non solo i ghirigori a Cinque Stelle ma anche e soprattutto le contorsioni in politica estera (dal rapporto con la Ue al sostegno all’Ucraina) del suo principale alleato nonché annichilire i bollori lobbistici di tassisti e gestori di lidi marini, indigeribili per una forza che si ostina a dichiararsi liberale e centrista?
Quo usque tandem. C’è chi, aggrottando la fronte, dice: ancora solo per poche ore, fino a domani, giorno della verità sul voto di fiducia al Senato (quello ciceroniano!) sul decreto Aiuti. C’è invece chi allarga le braccia arrendendosi all’idea che, tra uno scossone e l’altro, andrà comunque avanti così fino al termine della legislatura. Già, perché in tutto questo bailamme ci sarebbe di mezzo il governo, quello guidato da SuperMario chiamato al capezzale di una legislatura rimasta in debito d’ossigeno per le circonvoluzioni di partiti progressivamente svuotati delle loro idealità, identità e capacità.
Bene. Il minimo che si può chiedere è che si faccia chiarezza. Se il governo può andare avanti per fare le cose e produrre risultati, bene. Se invece Mario Draghi deve indossare i panni dell’Orlando cantato dal Boiardo, quale Cavaliere «che andava combattendo ed era morto», allora meglio che cali adesso il sipario. Sappiamo che la mistica anti-elettorale è cibo che abbonda sulla tavola del Quirinale. E sappiamo che avviare adesso l’apertura dei seggi è puro arsenico per le ambizioni e gli obiettivi del Paese. Ma proprio per questo i problemi vanno risolti e non imbellettati. E non si permetta ai partiti di presentarsi davanti agli elettori abbaiando alla luna con coalizioni farlocche e ingannatrici invece di spargere serietà e senso di responsabilità.
di Carlo FusiLa Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
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