Diciamolo con chiarezza: il fenomeno è fisiologia e non patologia del sistema democratico. Gli elettori scelgono e vanno alle urne se hanno opzioni convincenti. Se ritengono insoddisfacente l’offerta politica restano a casa. Se lo hanno fatto al primo turno, con tutte le forze schierate in campo al loro meglio, figuriamoci se non possono farlo al ballottaggio dove la scelta è ristretta.
Ma così abbiamo sindaci votati solo del 20 per cento dei cittadini, dicono scandalizzati alcuni (che guarda caso sono sempre sostenitori degli sconfitti). E allora? Se il rivale ha perso vuol dire che ha convinto anche meno di quel 20.
Il problema semmai è quello dell’offerta politica che non interpreta in pieno la società del nostro tempo. La fuga dalle urne va avanti dal grande terremoto seguito a Tangentopoli. Quella semplificazione per via giudiziaria ridisegnò il panorama politico creando all’inizio qualche entusiasmo per l’avvento anche in Italia di una sorta di bipolarismo che doveva garantire stabilità e alternanza. Conoscete tutti quel che è accaduto dopo.
Il trend discendente degli elettori non è stato invertito neanche dai travolgenti risultati del Movimento 5 Stelle. Una forza dichiaratamente populista mancava da tempo in Italia ma il suo successo è avvenuto con una nuova frenata dell’affluenza alle urne.
La verità è che i cittadini bocciano questi partiti. Voteremo l’anno prossimo e saremo sotto il dato di cinque anni fa. Non è un male.
Di Sorcio Di Palazzo
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