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Politica e contraddizioni

Fioccano le contraddizioni nella politica di casa nostra. Godiamoci per quel che si può l’estate. L’autunno sarà complicato

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Fioccano le contraddizioni nella politica di casa nostra. Godiamoci per quel che si può l’estate. L’autunno sarà complicato

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Fioccano le contraddizioni nella politica di casa nostra. Godiamoci per quel che si può l’estate. L’autunno sarà complicato

L’8 giugno gli italiani sono andati alle urne (con il proporzionale, sistema che favorisce l’identità dei partiti e non le coalizioni) per le Europee e in Italia il centrodestra ha registrato un successo, particolarmente per Giorgia Meloni. Anche il Pd è cresciuto e tanti hanno rispolverato il bipolarismo all’italiana senza che nessuno si sognasse di eccepire sul meccanismo di voto. Due settimane dopo si è votato (con il doppio turno, che al contrario obbliga agli apparentamenti) per capoluoghi importanti – tra cui Firenze, Bari, Potenza, Lecce – ma non tali da mutare gli equilibri nazionali. Il centrosinistra ha prevalso ed è partita la ridda per modificare la legge elettorale eliminando a certe condizioni il ballottaggio.

In entrambi i casi si rovescia il precetto evangelico preferendo vedere la pagliuzza e ignorare la trave, che sarebbero i milioni di elettori che voltano le spalle ai seggi. A parte i più che pelosi lai sul fatto che tra il primo e il secondo turno la percentuale di votanti si inabissa, stupisce che – invece di indagare sulle ragioni politiche di un risultato negativo ma, insistiamo, non determinante (vale anche per chi ha prevalso, senza crogiolarsi in trionfalismi fuorvianti) – si sceglie di avviare una polemica su un tema che viaggia nel disinteresse della stragrande maggioranza dei cittadini. Peggio ancora se, come suggeriscono alcuni analisti, il bailamme in realtà non riguarda le amministrative (il cui sistema elettorale ha garantito certezza di risultato e stabilità di governo e ha favorito indifferentemente destra e sinistra: lo ha ricordato Francesco Rutelli) bensì il futuribile premierato che guarda caso proprio di una legge elettorale tutta da costruire abbisogna. Se è così, l’inganno verso gli elettori non lascia ma raddoppia. Chapeau.

Veniamo all’Europa. Forte del pregiudizio ideologico «Mai con i socialisti!» e sorvolando sui numeri elettorali delle consultazioni, la presidente del Consiglio si è presto ritrovata nell’angolo delle trattative per il top job: piuttosto che intavolare un negoziato con la maggioranza che ha prevalso, ha sposato le ragioni di Fratelli d’Italia invece che quelle dell’Italia. Lamentando di essere stata esclusa dalle trattative quando lei a quel tavolo ha ostinatamente rifiutato di sedersi e altri, non senza un sopracciò di supponenza, hanno puntato a estrometterla. Per alcuni, un simile comportamento è il ricettacolo delle migliori doti di abilità e astuzia meloniane. Che dire: auguri. Per altri, è la conferma che Roma si è autoesclusa dalla stanza dei bottoni e rischia di pagarla a caro prezzo per la procedura di infrazione e la legge di Stabilità di settembre che sarà lacrime e sangue senza un adeguato sostegno di Bruxelles. Che dire: auguri doppi. O tripli, fate voi.

Torniamo a casa. La maggioranza ha i suoi grattacapi ma pure l’opposizione non scherza. La Lega ottiene l’autonomia differenziata e lo scontro si radicalizza. Con onestà intellettuale alcuni importanti esponenti della sinistra, ultimo in ordine di tempo l’ex ministro Franco Bassanini, ammettono che l’origine del male è nella decisione del 2001 di modificare il titolo V della Costituzione e non per ragioni di miglioramenti istituzionali ma esclusivamente per l’obiettivo politico di tagliare l’erba sotto i piedi del Carroccio. Ebbene, una volta ammesso l’errore logica vorrebbe che si concorresse a limitare i danni confrontandosi sulla riforma. Al contrario, la scelta è un no totale in vista del possibile referendum. Così, in caso di vittoria, il danno fatto allora rimane.

Vabbè, godiamoci per quel che si può l’estate. L’autunno sarà complicato.

di Carlo Fusi

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