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Portare Putin al processo

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Il ministro della Giustizia ha istituito una “Commissione per l’elaborazione di un progetto di Codice dei crimini internazionali” per dare finalmente attuazione allo Statuto della Corte penale internazionale.

Portare Putin al processo

Il ministro della Giustizia ha istituito una “Commissione per l’elaborazione di un progetto di Codice dei crimini internazionali” per dare finalmente attuazione allo Statuto della Corte penale internazionale.
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Portare Putin al processo

Il ministro della Giustizia ha istituito una “Commissione per l’elaborazione di un progetto di Codice dei crimini internazionali” per dare finalmente attuazione allo Statuto della Corte penale internazionale.
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Dopo numerose sollecitazioni, l’Italia ha deciso di rivolgere più attenzione alla giurisdizione della Corte penale internazionale. Il provvedimento è dell’ultima ora e il governo si è dato tempi stringenti. Con un decreto dello scorso 22 marzo, il ministro della Giustizia ha istituito una “Commissione per l’elaborazione di un progetto di Codice dei crimini internazionali” per dare finalmente attuazione allo Statuto della Corte penale internazionale, adottato il 17 luglio 1998 a Roma dalla Conferenza diplomatica delle Nazioni Unite. La prima convocazione è prevista per il 31 marzo e i lavori dovranno concludersi entro il 30 maggio. Ovviamente dovrà poi seguire l’iter di approvazione parlamentare di una legge ad hoc. Qualcuno deve aver posto il problema quando l’Italia ha deciso di comparire tra i 39 Stati, prima fra tutti la Lituania, che il 2 marzo scorso hanno presentato il referral al procuratore della Corte penale internazionale dell’Aja (Cpi) per avviare le indagini sui crimini internazionali perpetrati nella guerra in Ucraina. A distanza di 20 anni dall’entrata in vigore internazionale e a 22 anni dalla firma – avvenuta in una solenne cerimonia in Campidoglio – dello Statuto di Roma (come è altrimenti chiamato lo Statuto della Corte penale internazionale), qualche ufficio legislativo deve avere ricordato al governo che proprio l’Italia non aveva ancora provveduto a emanare specifiche norme di attuazione. Dopo la legge di ratifica 12 luglio 1999 n. 232, l’Italia ha proceduto al rallentatore. Ci sono voluti tredici anni perché il Parlamento approvasse la legge 20 dicembre 2012 n. 237 recante le “norme di adeguamento dell’ordinamento italiano” allo Statuto. Ma si tratta solo di previsioni procedurali sulla cooperazione giudiziaria e di alcune modifiche ai reati contro l’amministrazione della giustizia, per riferirli alla Corte. È stata tralasciata fino a oggi invece tutta la parte relativa al diritto penale sostanziale, per intendersi proprio la parte principale dello Statuto che disciplina i cosiddetti “crimini internazionali”: il “crimine di aggressione” (ovvero l’attacco ingiustificato a uno Stato al di fuori delle previsioni della Carta delle Nazioni Unite), i “crimini di guerra” (ovvero le gravi violazioni alle Convenzioni di Ginevra e alle leggi e usi di guerra), i “crimini contro l’umanità” (omicidi, stermini, persecuzioni e altri atti inumani commessi contro i civili su larga scala) e il “genocidio” (l’intento deliberato di annientare un gruppo etnico, nazionale, razziale o religioso). Altri importanti aspetti da recepire riguardano le previsioni che non consentono prescrizione, immunità ed esimenti dell’ordine superiore, nonché la competenza rispetto a quella complementare della Corte. Quello dell’adeguamento dell’ordinamento italiano alle norme del diritto internazionale umanitario è un problema molto serio. Dopo vari tentativi di modifiche legislative rimaste vane e qualche richiamo nelle norme sulle operazioni all’estero (invero parziali e poco incisive), in atto le uniche norme specifiche che si rinvengono riguardano il Titolo IV “Dei reati contro le leggi e gli usi di guerra” del Codice penale militare di guerra, approvato nientemeno che nel 1941, prima ancora delle Convenzioni di Ginevra del 1949. E i problemi connessi saranno anche il coordinamento del nuovo codice con il Codice penale “comune” e con il Codice penale militare “di pace” e quello “di guerra”, nonché il riparto di giurisdizione tra magistratura ordinaria e quella militare. La Commissione e il Parlamento avranno molto da approfondire. di Maurizio Delli Santi, membro dell’International Law Association

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