L’incontro in Turchia fra Lavrov e Kuleba si è risolto in qualcosa di peggio di un fallimento: una retromarcia rispetto ai pur flebilissimi segnali di apertura emersi negli incontri in Bielorussia.
Due ore senza risultati, due ore che possiamo immaginare trascorse fra gelidi rimpalli di responsabilità e accuse dirette fra le parti. L’incontro in Turchia, ad Antalya, aveva acceso qualche speranza perché – per la prima volta dall’inizio dell’aggressione ordinata da Putin – Russia e Ucraina si incontravano a livello di ministri degli Esteri. Alla resa dei conti, il faccia a faccia fra Serghei Lavrov e Dmitro Kuleba si è risolto in qualcosa di peggio di un fallimento: una retromarcia rispetto ai pur flebilissimi segnali di apertura emersi negli incontri in Bielorussia.
Ne è prova quanto dichiarato dal presidente ucraino Zelensky: «I russi vogliono umiliarci. Vogliono che i nostri cittadini prendano il pane dalle mani dell’invasore e che accettino, pur di salvarsi, di andare nella Federazione Russa». «Sono dei mostri», la sua conclusione. Ciò che sembra emergere con sempre maggior forza è che Putin non abbia alcuna voglia e interesse a trattare in questo momento.
Vuole farlo alle sue condizioni, quando avrà raggiunto almeno parte degli obiettivi strategici, che continuano a sfuggirgli sul campo. È stata una brutta giornata per la diplomazia, come confermato anche dal presidente francese e presidente di turno dell’Ue Emmanuel Macron.
Lo fa capire lo stesso dittatore di Mosca, che usa parole di fuoco contro l’Occidente ma poi conferma tutti gli impegni russi nell’export di gas e petrolio. Perché ha un disperato bisogno di valuta pregiata, per pagare – finché potrà – la sua guerra di aggressione.
di Marco Sallustro
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