Quando si utilizza la propria influenza
Nulla vieta a un ex politico di lavorare per una multinazionale straniera, ma nel caso di Schröder la sua scelta imbarazza il suo Paese. Discorso diverso quello di Renzi che, senatore in carica e leader di partito di maggioranza, è pagato da monarchi sauditi più per influenza che per professionalità.

Quando si utilizza la propria influenza
Nulla vieta a un ex politico di lavorare per una multinazionale straniera, ma nel caso di Schröder la sua scelta imbarazza il suo Paese. Discorso diverso quello di Renzi che, senatore in carica e leader di partito di maggioranza, è pagato da monarchi sauditi più per influenza che per professionalità.
Quando si utilizza la propria influenza
Nulla vieta a un ex politico di lavorare per una multinazionale straniera, ma nel caso di Schröder la sua scelta imbarazza il suo Paese. Discorso diverso quello di Renzi che, senatore in carica e leader di partito di maggioranza, è pagato da monarchi sauditi più per influenza che per professionalità.
Gerhard Schröder, cancelliere socialdemocratico della Germania fino al 2005, pone in ambasce il governo tedesco, ora nuovamente guidato da un esponente del suo partito, accettando la nomina a consigliere di amministrazione di Gazprom, il colosso russo del gas, proprio nel momento in cui l’Occidente discute delle possibili sanzioni contro il gas russo in caso di intervento militare in Ucraina.
Schröder non aveva mai fatto mistero delle sue posizioni favorevoli alle relazioni commerciali con la Russia. Dal 2006 è stato presidente di Nordstream, controllata da Gazprom, e poi di Rosneft, l’Eni russa. Come ex cancelliere, è ancora ben pagato dai contribuenti tedeschi e assai più lautamente dai russi: ovviamente non in quanto esperto di gas e petrolio ma perché è una persona di notevole influenza politica a Berlino. Nulla vieta, legalmente, a un ex politico di lavorare per grandi imprese straniere ma se, come nel caso di Schröder, lo fa per denaro e non per una legittima presa di posizione politica è evidente che tale scelta possa risultare quanto mai inopportuna e imbarazzante per il suo Paese e per il suo partito.
A differenza di Schröder, Matteo Renzi è ancora senatore in carica e leader di un partito che fa parte della maggioranza di governo. La legge non gli vieta di lavorare per imprese straniere, ma se riceve milioni dalla monarchia saudita e da un’impresa russa è evidente che non venda professionalità ma influenza e che non lo faccia per ideali ma per denaro. A mio parere, la sua posizione è politicamente ingiustificabile e sono quanto mai comprensibili le molte voci critiche che sul punto si sono levate pubblicamente contro di lui.
Per definizione, i politici hanno diritto a una privacy molto più limitata di quella che dovrebbe essere garantita ai cittadini normali in quanto le loro scelte rilevanti non possono non essere pubbliche e politicamente criticabili. È dunque giusto che i cittadini siano messi a conoscenza del fatto che Renzi viene pagato principescamente dal monarca assoluto dell’Arabia, un fatto che non ha peraltro mai negato. Non è tuttavia accettabile che gli italiani debbano essere informati che una banca ha segnalato riservatamente alla vigilanza di ritenere ‘sospetti’ i fondi ricevuti dall’ex presidente del Consiglio: se l’organo competente verifica la regolarità dell’operazione, il pubblico non ha diritto di conoscerne accidentalmente tutti i dettagli. Le dichiarazioni dei redditi dei parlamentari sono pubbliche ed è in quella sede che la curiosità dei media sui dettagli può e deve essere soddisfatta.
di Ottavio Lavaggi
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