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Rialzo tassi Bce, ma il vero problema è lo spread

Il vero problema dell’economia italiana non sono i tassi fissati dalla Bce, ma lo spread. Un rimedio, parziale ma immediato e gratuito, è la ratifica del Mes
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Rialzo tassi Bce, ma il vero problema è lo spread

Il vero problema dell’economia italiana non sono i tassi fissati dalla Bce, ma lo spread. Un rimedio, parziale ma immediato e gratuito, è la ratifica del Mes
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Rialzo tassi Bce, ma il vero problema è lo spread

Il vero problema dell’economia italiana non sono i tassi fissati dalla Bce, ma lo spread. Un rimedio, parziale ma immediato e gratuito, è la ratifica del Mes
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Il vero problema dell’economia italiana non sono i tassi fissati dalla Bce, ma lo spread. Un rimedio, parziale ma immediato e gratuito, è la ratifica del Mes
L’euro esiste perché la Banca centrale europea è indipendente. E la Bce non può che esserlo, dato che non esiste un governo europeo dal quale eventualmente dipendere. Esistono governi nazionali e un’istituzione che li riunisce, il Consiglio dell’Ue, luogo di lente decisioni fondate su compromessi o di mancate decisioni causate da contrasti. La Bce non è indipendente perché hanno prevalso un quarto di secolo fa le tesi “monetariste”, ma per il banale motivo che una Bce subordinata al Consiglio sarebbe incapace di fare il suo mestiere in presenza di forti contrasti tra i governi nazionali; l’euro non potrebbe così sopravvivere. La sua indipendenza, peraltro, offre ai governi nazionali un utile capro espiatorio quando si devono prendere decisioni impopolari di cui risulta ostico assumere la paternità. L’inflazione è arrivata al 10% annuale in Unione europea e la Bce alza progressivamente i tassi di sconto, che pur rimangono a livelli fortemente negativi in termini reali. Alzare i tassi rallenta la crescita economica e pesa sui conti di chi è indebitato. Il governo italiano è il più indebitato d’Europa (dopo la piccola Grecia) ed è naturale che si lamenti per l’aumento dei tassi, come è naturale che la Bce ignori tali proteste. Tuttavia il vero problema per l’economia italiana e i nostri conti pubblici non è il tasso di sconto fissato dalla Bce ma lo spread, cioè il costo del rischio addizionale che il mercato attribuisce al debito pubblico italiano. Quando la Bce alza i tassi, il governo italiano può strillare «Piove, Bce ladra!», ma questo non serve ad arrestare la pioggia dei rialzi. O può assumere decisioni di sua competenza capaci di ridurre lo spread, in tal caso ottenendo il risultato pratico desiderato. Come ridurre lo spread? Un rimedio parziale, ma immediato e gratuito, consiste nel ratificare il Mes, assumendo allo stesso tempo le decisioni utili a evitare di dovervi ricorrere in futuro. La soluzione vera sta nel ridurre rapidamente il rapporto debito/Pil, senza aumentare le tasse. In Italia la pressione fiscale è già eccessiva e lo sarebbe ancor più se non fosse diffusa l’evasione. Continuiamo a produrre attivo di bilancio primario, impegnati in una eterna fatica di Sisifo, essenzialmente perché da un ventennio l’economia italiana ristagna. Il Pil ristagna non perché manchino in Italia imprese eccellenti capaci di esportare globalmente, ma perché mancano una pubblica amministrazione moderna, maggiore concorrenza, migliore istruzione e una giustizia degna di tale nome. L’obiettivo primario del piano europeo di ripresa e resilienza è essenzialmente di aiutare finanziariamente l’Italia ad ammodernarsi e riformarsi rapidamente. Il Pnrr esiste… perché Mario Draghi è stato presidente della Bce e poi primo ministro italiano. Gettare alle ortiche tale preziosa eredità sarebbe facilissimo. Ma se il governo Meloni lo farà – deliberatamente o accidentalmente – sarà la prima vittima della catastrofe che seguirà.   Di Ottavio Lavaggi

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