Schillaci e il fantasma della revoca
Il “caso Schillaci” è stato la classica tempesta agostana in un bicchier d’acqua. Almeno adesso, visto che è tornata la bonaccia

Schillaci e il fantasma della revoca
Il “caso Schillaci” è stato la classica tempesta agostana in un bicchier d’acqua. Almeno adesso, visto che è tornata la bonaccia
Schillaci e il fantasma della revoca
Il “caso Schillaci” è stato la classica tempesta agostana in un bicchier d’acqua. Almeno adesso, visto che è tornata la bonaccia
Il “caso Schillaci” è stato la classica tempesta agostana in un bicchier d’acqua. Almeno adesso, visto che è tornata la bonaccia. A bocce ferme, può essere utile rivisitare i passaggi della vicenda con le lenti del costituzionalista. Norberto Bobbio sosteneva che le democrazie sono case di vetro. Ma gli arcani imperii del tempo che fu restano in qualche misura appiccicati a quella che Abramo Lincoln definiva governo del popolo, per il popolo, attraverso il popolo. Per fortuna, nel Belpaese i segreti sono quelli di Pulcinella.
Secondo la versione ufficiale, il ministro della Salute Orazio Schillaci ha un’alzata d’ingegno. Aggiunge due medici no vax, o giù di lì, alla commissione sui vaccini da lui istituita una ventina di giorni fa. Ma le opposizioni insorgono. Il ministro si rende conto di aver fatto un pasticcio e non trova di meglio che abbracciare la filosofia del “Muoia Sansone e tutti i filistei”. A onor del vero, butta sì a mare i filistei, ossia l’intera commissione. Ma salva Sansone, cioè lui stesso. Assolutamente indisponibile a rassegnare le dimissioni.
C’è poi l’altra versione. Il ministro non avrebbe nominato sua sponte i due no vax. A lui non sarebbe mai passata per la testa una cosa del genere. Sarebbe stata invece una manina a spingere i due. A costo di far passare Schillaci per un ministro a sua insaputa. Ma dopo aver ingoiato il rospo, le opposizioni hanno fatto il diavolo a quattro. E allora il ministro non se l’è sentita di passare per capro espiatorio. Così, anziché sbarazzarsi dei due intrusi, si è disfatto dell’intera commissione. A costo di dispiacere in alto loco.
Le opposizioni hanno strepitato contro i due no vax. Invece Matteo Savini, per l’azzeramento della commissione, ha reclamato le dimissioni del reprobo. Facendo un buco nell’acqua. Perché se un ministro non intende dimettersi, al presidente del Consiglio non rimarrebbe altro che rassegnare le dimissioni dell’intero gabinetto nelle mani del capo dello Stato per disfarsi di un ministro attaccato alla poltrona. L’articolo 65 dello Statuto albertino recitava: “Il Re nomina e revoca i suoi ministri”. Mentre l’articolo 92 della Costituzione stabilisce che “Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri”. Al potere di nomina non si contrappone il potere di revoca. Una dimenticanza dei padri della Carta repubblicana? Niente affatto. La verità è che i lavori dell’Assemblea costituente furono condizionati dal complesso del tiranno. Più che di quello morto ammazzato, di quello che avrebbe potuto materializzarsi dopo le elezioni del 18 aprile 1948.
La prassi non ha accolto la tesi di una revoca dei ministri come potere implicito. Si è affermata invece, prima per prassi e poi per disposizioni inserite nei regolamenti parlamentari, la sfiducia al singolo ministro. Ma ha fatto sempre cilecca. Salvo in un caso, riguardante il ministro della Giustizia Filippo Mancuso. Sfiduciato dalla stessa maggioranza parlamentare nella seduta del Senato del 19 ottobre 1995 perché, inviando ispettori a Milano, aveva dirazzato dall’indirizzo politico di governo. Mancuso ricorse alla Corte costituzionale, che però gli dette torto.
Un ultimo aspetto. Giorgia Meloni non ha gradito che Schillaci abbia azzerato la commissione vaccini senza concordare la cosa con lei. Sotto il profilo giuridico, l’atto è di pertinenza del ministro perché non coinvolge l’indirizzo politico del governo. Tanto più che la predetta commissione non esprime altro che pareri. Ma, dato il risvolto politico della questione, prudenza avrebbe voluto che il ministro chiedesse lumi all’inquilina di Palazzo Chigi. Che a sua volta avrebbe giustificato l’inserimento dei due no vax nella commissione con l’argomento che va garantito il pluralismo e valorizzato il confronto di opinioni (sic!). Su questo giornale Carlo Fusi ha giustamente obiettato che parlare di pluralismo riguardo a evidenze scientifiche è tanto improprio quanto paradossale. A volte, perfino Omero si appisola.
di Paolo Armaroli
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