Schlein e i tentativi di alleanze
Le contraddizioni che dilaniavano il Nazareno prima della Schlein sono rimaste tutte. Ora si tentano nuove alleanze
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Schlein e i tentativi di alleanze
Le contraddizioni che dilaniavano il Nazareno prima della Schlein sono rimaste tutte. Ora si tentano nuove alleanze
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Schlein e i tentativi di alleanze
Le contraddizioni che dilaniavano il Nazareno prima della Schlein sono rimaste tutte. Ora si tentano nuove alleanze
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Le contraddizioni che dilaniavano il Nazareno prima della Schlein sono rimaste tutte. Ora si tentano nuove alleanze
Tanto non si vota prima di un anno e mezzo… Sono in parecchi a pigolare sul fatto che la neosegretaria non debba preoccuparsi di alleanze quanto approfondire il “rinnovamento” interno del Pd, in particolare rompendo la cinghia di trasmissione fra leadership e correnti (auguri!). Vedremo. Intanto è singolare che a parlare di alleanze, anche se in maniera sufficientemente lasca, sia proprio la Schlein. Riesumando il moncherino del Campo Largo e assicurando di voler cercare punti di convergenza sia con Conte che con il Terzo Polo. E qui le cose si fanno complicate. È vero che non si vota (ma ci sono le elezioni amministrative in Friuli-Venezia Giulia il 2 e 3 aprile e per la regione Pd e M5S vanno uniti, per i capoluoghi no) ma delle due l’una: o il Pd immagina di navigare in uno spazio vuoto fatto di autoreferenzialità oppure convergenze e divergenze – se non nelle urne certamente in Parlamento e nel posizionamento verso l’opinione pubblica – saranno un banco di prova obbligatorio. E qui le contraddizioni che dilaniavano il Nazareno prima della Schlein sono rimaste tutte.
Vediamo. C’è stato un tempo nella politica italiana nel quale primeggiava l’ossimoro della competizione-collaborazione. Riguardava il braccio di ferro fra Dc e Psi e le due leadership di De Mita e Craxi. Sapevano di dover per forza collaborare in maggioranza ma si contendevano i voti nei seggi (i sondaggi erano materia arcana). Come finì è facile immaginarlo: procedere appaiati e poi provare a pugnalarsi è esercizio masochistico. Decenni dopo, sembra questo il filo conduttore della segretaria Pd. Tuttavia, pure qui, delle due l’una. Se facendola trionfare il Nazareno ha immaginato di recuperare voti “propri” finiti nelle file pentastellate il rischio è che si produca una reazione eguale e contraria nel MoVimento, che ha già vissuto una simile esperienza ai tempi del governo gialloverde rimettendoci metà dei voti e dunque determinando un rapido deterioramento nei rapporti. Se invece la Schlein vorrà replicare gli abbracci di Firenze con Conte il pericolo è che sarà costretta a inseguire il populismo dell’ex avvocato del popolo: le parole sull’Ucraina suonano come “sinistro” (sic) segnale.
Insomma, o vince la collaborazione e allora il Pd rischia di andare a rimorchio dei Cinque Stelle oppure vince la competizione e una possibile intesa di governo diventa un’araba fenice. Dunque: galleggiare è possibile. Ma è scomodo.
Di Carlo Fusi
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