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Che ci racconta il caso Spano

Quale sarebbe la colpa di Francesco Spano, ormai ex capo di gabinetto del ministero della Cultura, colpa che l’avrebbe indotto alle clamorose, ma non sorprendenti dimissioni?

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Che ci racconta il caso Spano

Quale sarebbe la colpa di Francesco Spano, ormai ex capo di gabinetto del ministero della Cultura, colpa che l’avrebbe indotto alle clamorose, ma non sorprendenti dimissioni?

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Che ci racconta il caso Spano

Quale sarebbe la colpa di Francesco Spano, ormai ex capo di gabinetto del ministero della Cultura, colpa che l’avrebbe indotto alle clamorose, ma non sorprendenti dimissioni?

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Quale sarebbe la colpa di Francesco Spano, ormai ex capo di gabinetto del ministero della Cultura, colpa che l’avrebbe indotto alle clamorose, ma non sorprendenti dimissioni?

Quale sarebbe la colpa di Francesco Spano, ormai ex capo di gabinetto del ministero della Cultura – a questo punto più cOltura in vitro di serpi colpa che l’avrebbe indotto alle clamorose, ma non sorprendenti dimissioni? Il conflitto di interessi che sarebbe al centro dell’inchiesta di Report (ormai basta minacciarle e anticiparle, poi magari nessuno manco le guarda, ma l’effetto è stato già raggiunto) è tema quantomeno scivoloso. Innanzitutto perché vecchio come il mondo o, in Italia, almeno quanto la seconda Repubblica. Poi perché in qualsiasi liberaldemocrazia evoluta sarebbe certamente preferibile evitare di affidare incarichi a congiunti e parenti stretti, eppure questo accade, accade intorno a noi e in gran parte dei Paesi a noi vicini e assimilabili. Basta tornare alle note vicende che coinvolgono la presidente del Consiglio e la sorella messa a capo del partito, per capire quanto possa apparire strumentale la suddetta inchiesta e soprattutto quale possa essere il vero obiettivo, ben oltre il neoministro già traballante Giuli.

Ripetiamo, sarebbe buona norma evitare, anche perché nella storia di Bobby Kennedy dopo John Fitzgerald ce n’è stato appunto uno e per il resto figli, fratelli, moglie, mariti e amanti non hanno sicuramente scritto pagine memorabili e hanno soprattutto creato problemi non da poco al funzionamento dei sistemi democratici.

Tornando al nostro piccolo orticello, a nessuno sarà sfuggito che a differenza del furibondo caso-Boccia, l’opposizione si stia guardando bene dal cannoneggiare il ministro Giuli e il suo ex capo di gabinetto, perché questo significherebbe mettere nel centro del merito anche il marito di quest’ultimo, il cui incarico al Maxxi di Roma ha fatto scoppiare il bubbone. Scatta, così, il riflesso condizionato del dover a tutti i costi marcare le differenze su un tema quale l’omosessualità fra il supposto modernismo progressista e taluni atteggiamenti emersi da chat private interne al partito di Giorgia Meloni. Avranno pensato dalle parti del Pd: “Se attacchiamo Giuli, attacchiamo il marito di Spano, dunque una coppia arcobaleno. No, lasciamoli da soli a gestire il problema”. Eh sì perché in Fratelli d’Italia con quelle chat hanno mostrato di avercelo un problema – evidente – che richiama a eredità del passato difficilissime da cancellare con un tratto di penna o anche due anni di governo. La scelta del ministro Giuli su Spano, fosse stata difesa come altri sono stati difesi nel partito della premier anche oltre l’opportuno, poteva essere un’occasione. Va agli atti che non sia stata colta all’interno di Fratelli D’italia e anzi sia apparsa l’occasione perfetta per regolare vecchi conti.

Quanto è lunga e impervia la strada verso una liberaldemocrazia dell’alternanza matura e responsabile, fatta anche di collaborazioni proficue fra persone (deo gratias) dalle sensibilità ed estrazioni molto diverse.

di Fulvio Giuliani

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