Superbonus, il faticoso iter
| Politica
Una delle misure più indecifrabili e sfiancanti in tema edilizio: la norma viene modificata per la media di una volta ogni 45 giorni

Superbonus, il faticoso iter
Una delle misure più indecifrabili e sfiancanti in tema edilizio: la norma viene modificata per la media di una volta ogni 45 giorni
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Superbonus, il faticoso iter
Una delle misure più indecifrabili e sfiancanti in tema edilizio: la norma viene modificata per la media di una volta ogni 45 giorni
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AUTORE: Ilaria Cuzzolin
Faticoso. È forse questo il termine più adatto per descrivere l’iter di una delle misure più indecifrabili e sfiancanti mai concepite in tema edilizio: il superbonus, norma azzeccagarbugli modificata la media di una volta ogni 45 giorni. Ci sono così tante sottotracce da raccontare attorno a questa disavventura tutta italiana che risulta persino faticoso, appunto, scegliere da dove iniziare. Per esempio, si potrebbe cominciare dicendo che – per colpa del superbonus e di chi ne ha scritto così male il testo – a oggi restano fuori dalla cessione del credito e dallo sconto in fattura anche iniziative importanti come quella relativa all’abbattimento delle barriere architettoniche per i disabili o del sisma-bonus. Una “svista” che a poche settimane dal terribile terremoto in Turchia risulta ancora più incomprensibile e su cui il governo pare abbia già annunciato un dietrofront.
Premessa doverosa: gli effetti autolesionistici del pasticcio generato dal superbonus erano ormai sotto gli occhi di (quasi) tutti e quindi era doveroso chiudere al più presto i generosissimi rubinetti della finanza pubblica. Ma nel farlo sarebbe stato utile evitare di mandare improvvisamente nel panico tutta la vasta filiera dell’industria edilizia e famiglie coinvolte nei lavori.
Il decreto legge varato l’altro giorno appare al contempo necessario e miope. Certo, ci sono pur sempre 60 giorni di tempo per aggiustare il tiro; come però ha fatto notare il presidente di Confindustria Carlo Bonomi, sarebbe stato meglio ascoltare prima le parti in causa, rasserenando gli animi di tutti e discutendo insieme sul da farsi. Il tempo per farlo non è mancato, tenuto conto che numeri, conti e analisi erano disponibili da mesi. La prima sveglia l’avevano data Mario Draghi e l’allora ministro dell’Economia Daniele Franco. Un allarme inascoltato da tutte le forze politiche (Fratelli d’Italia compresa), consapevoli che poche misure come i bonus edilizi – in un Paese con l’80% di proprietari di case – aiutino a creare e mantenere il consenso elettorale. Per stopparli occorrono una buona dose di coraggio, la paura che salti il banco dei conti pubblici e lo scudo della popolarità (su cui oggi può contare la presidente del Consiglio).
Tanto latte pubblico è stato versato (il ministro Giorgetti ha parlato di una spesa pro capite di 2mila euro) ma è inutile piangerci sopra. Adesso si cambia, costretti a farlo dalla forza inoppugnabile dei numeri. Attenzione però. Se finora il superbonus ha favorito soprattutto i cittadini più abbienti (che spesso con i soldi dei contribuenti hanno potuto rimettersi a posto la villetta), c’è il rischio che a usufruire delle agevolazioni siano sempre coloro che dispongono di un reddito maggiore. Le nuove regole non ammettono la cessione del credito e quando un reddito da 25mila euro lordi annui viene considerato medio (se non addirittura alto) saranno sempre in pochi a poter usufruire del superbonus. Ovvero soltanto chi può davvero permettersi di anticipare le somme dei lavori.
Di Ilaria Cuzzolin
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