Travestimento per pacifinti
| Politica
Il pacifismo è il travestimento illusorio di un neutralismo che, in Italia, ha solo ed esclusivamente un significato anti-occidentale
Travestimento per pacifinti
Il pacifismo è il travestimento illusorio di un neutralismo che, in Italia, ha solo ed esclusivamente un significato anti-occidentale
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Travestimento per pacifinti
Il pacifismo è il travestimento illusorio di un neutralismo che, in Italia, ha solo ed esclusivamente un significato anti-occidentale
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AUTORE: Davide Giacalone
Nella storia e nella cultura italiane sono radicate correnti anti-Occidente. Nella destra radicale avevano un sapore anti-risorgimentale e, naturalmente, fascista, giacché era difficile dimenticare che erano state le democrazie occidentali a spodestarla dal potere. Nella sinistra comunista aveva trovato il proprio riferimento nella dittatura sovietica, talché i favorevoli all’Europa unita di oggi erano favorevoli ieri all’Europa sfregiata in due. Nel mondo cattolico facevano riferimento a un terzomondismo missionario che portava l’Italia ad avere più un’aspirazione mediterranea che europea. Quasi tutti questi riferimenti sono spariti, seppelliti dalla storia, ma non per questo è venuto meno l’anti-occidentalismo, che si ripresenta vestendo i panni di un pacifismo che cerca di coprire le intimità di un neutralismo ridicolmente (per debolezza) isolazionista. Per questo fanno male le istituzioni italiane – Municipi compresi – a esporre l’amorfa policromia delle bandiere per la presunta pace, giacché quel nulla che s’immagina non schierato è il contrario della statuizione giuridica, politica e storica dell’Italia.
Epperò, osservano da quei fronti confusi, c’è l’articolo 11 della Costituzione, c’è il ripudio della guerra, sicché il nostro pacifismo altro non è che la lettera e lo spirito della Costituzione. Invece si tratta di una spiritosa incarnazione dell’ignoranza. Ben due articoli della Costituzione, il 78 e l’87 – del tutto coevi dell’11 – dettano la procedura con cui l’Italia può dichiarare lo «stato di guerra». Il 78 stabilisce che a deliberarlo è il Parlamento, che conferisce al governo «i poteri necessari», mentre l’87 indica nel Presidente della Repubblica il soggetto che lo dichiara ufficialmente. Se la guerra fosse esclusa dalla Costituzione, perché mai preoccuparsi di come la si decide e dichiara? Perché non è esclusa e non avrebbe alcun senso logico escluderla. L’Italia «ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali»: l’articolo 11 è preciso e quelli che non lo hanno capito si spera non lo abbiano letto, altrimenti la triste alternativa sarebbe fra stupidità e malafede. Non soltanto la guerra la combatti, se qualcuno ti attacca, ma la combatti anche se qualcuno offende la libertà di altri popoli.
Dopo il 1948, data di entrata in vigore della Costituzione, sono successe delle cose. Già nel 1949 l’Italia è fra i fondatori della Nato, sicché s’impegna a entrare in guerra se l’offesa alla libertà è portata anche a uno solo dei Paesi della Nato. Furono contrari tanto i fascisti quanto i comunisti, ma era ed è del tutto costituzionale. Inoltre è assai avanzata l’integrazione europea e, giustamente (ma troppo lentamente), si parla della difesa comune. Il pacifismo è quindi il travestimento illusorio di un neutralismo che, in Italia, ha solo ed esclusivamente un significato anti-occidentale. Privo di quale che sia appiglio costituzionale.
Di Davide Giacalone
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