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Trump dà la sveglia all’Europa: aumentare le spese per la Nato

La Nato pronta ad alzare la soglia minima di spese militari al 3,5% del Pil. È l’ultima occasione, per l’Europa, di costruire un meccanismo di sicurezza efficace

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Trump dà la sveglia all’Europa: aumentare le spese per la Nato

La Nato pronta ad alzare la soglia minima di spese militari al 3,5% del Pil. È l’ultima occasione, per l’Europa, di costruire un meccanismo di sicurezza efficace

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Trump dà la sveglia all’Europa: aumentare le spese per la Nato

La Nato pronta ad alzare la soglia minima di spese militari al 3,5% del Pil. È l’ultima occasione, per l’Europa, di costruire un meccanismo di sicurezza efficace

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La Nato pronta ad alzare la soglia minima di spese militari al 3,5% del Pil. È l’ultima occasione, per l’Europa, di costruire un meccanismo di sicurezza efficace

Se Natale è tempo di sogni, allora lasciamo sognare il mondo della Difesa. Un mondo che, a sentire le sparate di Donald Trump sul possibile innalzamento al 5% del Pil della spesa militare minima per i membri della Nato, si è certamente crogiolato nell’idea di poter realizzare tutto quello che per anni è rimasto bloccato.

Lungi da noi voler risvegliare le Forze armate e gli Stati maggiori. Però la realtà ci costringe al realismo. Il 5% è tanto, troppo. Lo sa anche Washington, che si ferma attorno al 3,5% ogni singolo anno. E difatti, stando ad alcune indiscrezioni, Trump avrebbe ridimensionato le sue richieste scendendo proprio al 3,5% del Pil. Attualmente la soglia stabilita è il 2%, ritenuta ormai insufficiente da tutti i membri dell’Alleanza. Durante il vertice del 18 dicembre scorso il segretario generale Mark Rutte ha per la prima volta evocato un innalzamento dell’asticella al 3%, poi rilanciato dal futuro presidente degli Stati Uniti.

Numeri, numeri e ancora numeri. La realtà è purtroppo meno rosea. Al momento, su 32 Paesi Nato, soltanto 23 hanno raggiunto o superato la soglia minima attuale. Gli altri 9, fra cui l’Italia, non accennano ad avvicinarvisi. Roma ha addirittura diminuito le spese, passando dall’1,6% del 2024 all’1,5% nel 2025. Non è un mistero che per molti Stati europei la Difesa sia una voce di bilancio trascurata e condannata a ricevere i fondi minimi indispensabili. Chi per convenienza politica (leggi: Italia), chi per oggettiva mancanza di necessità (leggi: Lussemburgo), diversi governi vanno avanti come se i vincoli non esistessero.

Eppure tutti, in maniera corale e uniforme, si rendono conto della necessità di spendere di più per potersi difendere. Sulla teoria andiamo fortissimo, mentre nella pratica siamo ancora insufficienti. Qualche virtuoso c’è (la Polonia ha raggiunto il 4% del Pil, motivato dalla vicinanza alla Russia e dalla costante assistenza all’Ucraina), ma non basta a trainare l’intero Continente. Servono riforme strutturali per aiutare i Paesi meno disposti: dal debito comune per finanziare il riarmo alla costituzione di grandi joint-venture europee in grado di creare un mercato interno ed esterno che porti guadagni.

Il 3,5% è tanto. Consideriamo per un istante la sola Italia. Nel 2025 spenderemo circa 33 miliardi di euro. Se il nuovo possibile vincolo venisse raggiunto, ogni anno avremmo a disposizione quasi 77 miliardi. Vorrebbe dire avere sufficiente copertura per sanare tutte le maggiori criticità che da decenni i vertici militari denunciano: organici insufficienti, stipendi e indennità basse, parco armi e veicoli da svecchiare, programmi di ammodernamento che procedono a rilento o rimangono fermi, strutture fatiscenti e inadeguate a ospitare materiali e personale. E tutto questo non sul lungo periodo: basterebbero cinque anni per avviare i programmi. Poi, com’è logico che sia, avrebbero bisogno di tempo per essere attuati, ma almeno avrebbero la copertura finanziaria e progettuale necessaria.

La logica, gli accordi e lo scenario internazionale ci spingono verso l’unica soluzione possibile: investire di più. Troviamo dunque gli strumenti per muoverci in quella direzione. E non facciamoci trattenere da quella brutta tendenza che, in Italia, continua a guidare l’approccio politico alla Difesa: il pacifismo utopistico, quello che sostiene (a torto) che meno armi significa più sicurezza e più pace. Nel caso non lo si fosse notato, da tre anni a questa parte la realtà dimostra l’esatto contrario.

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