Trump, Meloni e il (possibile) riavvicinamento all’Ue
Donald Trump lascia intendere di voler essere a Roma ai funerali di Papa Francesco. Chissà se coglierà l’occasione anche per un nuovo faccia a faccia con Giorgia Meloni.
Trump, Meloni e il (possibile) riavvicinamento all’Ue
Donald Trump lascia intendere di voler essere a Roma ai funerali di Papa Francesco. Chissà se coglierà l’occasione anche per un nuovo faccia a faccia con Giorgia Meloni.
Trump, Meloni e il (possibile) riavvicinamento all’Ue
Donald Trump lascia intendere di voler essere a Roma ai funerali di Papa Francesco. Chissà se coglierà l’occasione anche per un nuovo faccia a faccia con Giorgia Meloni.
Donald Trump lascia intendere di voler essere a Roma ai funerali di Papa Francesco. Chissà se coglierà l’occasione anche per un nuovo faccia a faccia con Giorgia Meloni. Potrebbe diventare indispensabile perché ci sono leggi di politica interna e internazionale che sono ferree ed è impossibile aggirare. Tra le principali quella che, se vuoi essere mediatore, devi ottenere l’appoggio non solo e non tanto dei tuoi amici quanto degli avversari. O comunque di coloro che sono su fronti opposti al tuo.
È ciò che in questa fase lega il destino di Trump e Meloni. Il viaggio della presidente del Consiglio a Washington è stato condito da parte della Casa Bianca da apprezzamenti e peana come per nessun altro leader europeo. Meloni ha acquisito un capitale personale e politico non indifferente. Così come Trump per una volta ha dismesso la faccia feroce per assumere una posizione più dialogante con l’Europa. Ma ogni successo ha un suo contraltare. In realtà entrambi sono come due equilibristi che procedono senza rete su un filo teso su un burrone. Se arrivano dall’altra parte li attendono sorrisi e giulebbe; se cadono si fanno male, molto.
Il motivo è che, appunto, il loro destino dipende da chi sta sul fronte opposto. Trump deve ottenere riconoscimenti concreti e corposi da Putin. Se non ci saranno, i proclami di chi si autoassegna formidabili capacità di trattare subiranno un secondo, tremendo colpo dopo quello inferto da Wall Street che ha costretto il Commander in Chief a una repentina marcia indietro sui dazi.
Idem, fatte le debite proporzioni, Meloni. Riavvicinare le due sponde dell’Atlantico è senz’altro un obiettivo fondamentale perché una guerra commerciale e un distacco politico non è negli interessi di nessuno. Ma certo non bastano una promessa peraltro assai vaga di confronto e una rete, seppur fitta, di telefonate con Ursula von der Leyen per cambiare il verso della situazione. E così come Trump ha bisogno di Putin, altrettanto Meloni ha bisogno della Ue. La stessa che finora ha, se non snobbato, messo in sordina, arrivando a non votare il piano ReArm o comunque si chiami.
In sostanza Meloni dovrà convincere Francia, Germania, Spagna e Gran Bretagna che un possibile vertice a Roma e non a Bruxelles può diventare la chiave di volta per riallacciare rapporti di cooperazione e amicizia con gli Usa. Recuperando anche il ruolo della Nato. Per farlo, la presidente del Consiglio dovrà persuadere i suoi interlocutori che quel tavolo va negli interessi di Parigi, Berlino e Londra. Non solo dei suoi. Dovrà in altri termini riavvicinarsi lei stessa a quella Ue allargata all’Inghilterra nei confronti della quale finora è stata prodiga più di critiche che di riconoscimenti.
Trump, tanto per cambiare, ha annunciato in settimana una svolta sull’Ucraina (e sui negoziati nucleari con Teheran) senza spiegare in che termini – se non con indiscrezioni che parlano di cessione di territori alla Russia e accordi con Zelensky sulle terre rare – e su quali basi solide e durature dovrebbe poggiare. Meloni per ora non ha in agenda viaggi a Bruxelles o nelle altre capitali europee. In sostanza, a parte i toni enfatici del sottosegretario Delmastro, non c’è altro. Un po’ pochino per allestire un ponte sull’oceano.
E tuttavia non c’è scampo. O Trump riesce a trovare la quadra sull’Ucraina oppure i ventilati propositi di ritirarsi dal confronto assumeranno l’amaro sapore di una resa che è pari a una sconfitta. Risulterà indebolito non solo verso l’Europa ma anche e soprattutto verso la Cina, che è il suo vero competitor. Alla stessa stregua, se Meloni non farà breccia nella diffidenza e nei dubbi (magari conditi da una vena di invidia in particolare di Macron) dei partner europei, i suoi incontri americani risulteranno poco più che fughe in avanti. Vero che così si faranno male tutti. Ma le ferite saranno più dolorose saranno per loro due.
Di Carlo Fusi
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
Leggi anche