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vertice ue immigrazione

Il vertice europeo sull’immigrazione non diventi una vittoria di Pirro

La decisione europea di tenere un vertice straordinario sul tema delle migrazioni è una conquista del governo Meloni. Se non la si vuole far diventare una vittoria di Pirro, bisogna seguire tre canali ben precisi
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Il vertice europeo sull’immigrazione non diventi una vittoria di Pirro

La decisione europea di tenere un vertice straordinario sul tema delle migrazioni è una conquista del governo Meloni. Se non la si vuole far diventare una vittoria di Pirro, bisogna seguire tre canali ben precisi
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Il vertice europeo sull’immigrazione non diventi una vittoria di Pirro

La decisione europea di tenere un vertice straordinario sul tema delle migrazioni è una conquista del governo Meloni. Se non la si vuole far diventare una vittoria di Pirro, bisogna seguire tre canali ben precisi
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La decisione europea di tenere un vertice straordinario sul tema delle migrazioni è una conquista del governo Meloni. Se non la si vuole far diventare una vittoria di Pirro, bisogna seguire tre canali ben precisi

L’Italia ce l’ha fatta. Il 9 e 10 febbraio, come richiesto dal governo Meloni, si terrà a Bruxelles un vertice straordinario Ue sul tema delle migrazioni verso l’Europa. Ad annunciarlo è stato Charles Michel, presidente del Consiglio europeo, dicendo che la questione delle migrazioni come tema centrale europeo «è stata tirata fuori da diversi leader» e che il vertice servirà ad affrontarla «in modo approfondito». Il presidente francese Emmanuel Macron ha confermato la data, segno evidente che Parigi non si è opposta nonostante le tensioni recenti con l’Italia sugli sbarchi e sull’accoglienza.

La decisione europea di tenere un vertice straordinario è una vittoria italiana considerata l’insistenza con cui la presidente del Consiglio Giorgia Meloni l’ha chiesta. Adesso perché questo appuntamento non si trasformi in una vittoria di Pirro o peggio ancora nel rinculo di un nulla di fatto, è opportuno che il governo italiano lo prepari a dovere. Con idee chiare su cosa ottenere e con quali alleanze riuscirci. Quest’ultimo aspetto non è un dettaglio. Tra chi si lamenta infatti della gestione dei migranti in Ue vi è anche il premier olandese Mark Rutte, arrabbiato per l’aumento dei flussi secondari verso l’Olanda. Appare quindi evidente che per l’Italia un cambiamento delle politiche europee sull’immigrazione non possa passare da un asse con i Paesi del Nord o con quelli dell’Est Europa, che hanno a cuore soprattutto la riduzione dei flussi secondari, ma debba necessariamente convergere verso un’intesa con i Paesi mediterranei (Francia e Spagna in testa) e con la Germania, che nel via libera al vertice straordinario del febbraio prossimo ha svolto un importante ruolo di mediazione politica.

Questo significa tre cose. Primo: riallacciare i rapporti con la Francia e lasciarsi dietro le spalle gli screzi di questi mesi. Secondo: oltre ai Paesi mediterranei come Cipro, Malta e Grecia (con cui l’Italia ha fatto asse per spingere a un vertice straordinario Ue) la linea comune sui cambiamenti alle politiche migratorie deve coinvolgere Francia e Spagna, altrimenti sarà perdente. Terzo: dare ordine alle questioni da affrontare (gli sbarchi, l’accoglienza e infine i flussi secondari). Se da qui a febbraio il governo Meloni saprà costruire una politica comune con Francia, Germania, Spagna e con il resto dei Paesi mediterranei, per arrivare a una proposta su cosa cambiare delle attuali politiche Ue sull’immigrazione, le chance d’una vittoria politica sull’argomento saranno consistenti. Una mano all’Italia sugli sbarchi infatti non potrà certo arrivare dall’olandese Rutte o dall’ungherese Orbán. E prenderne atto significa essere realisti.

Di Jean Valjean

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