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relativismo culturale

Relativismo culturale? No, grazie

La recente, terribile vicenda della ragazza pakistana scomparsa nel nulla, in provincia di Reggio Emilia, pone interrogativi severissimi. Oltre l’orrore, bisogna avere la forza di affrontare il tema di fondo. Senza ipocrisie o impugnando bandiere, solo per guadagnare facili consensi.
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Relativismo culturale? No, grazie

La recente, terribile vicenda della ragazza pakistana scomparsa nel nulla, in provincia di Reggio Emilia, pone interrogativi severissimi. Oltre l’orrore, bisogna avere la forza di affrontare il tema di fondo. Senza ipocrisie o impugnando bandiere, solo per guadagnare facili consensi.
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Relativismo culturale? No, grazie

La recente, terribile vicenda della ragazza pakistana scomparsa nel nulla, in provincia di Reggio Emilia, pone interrogativi severissimi. Oltre l’orrore, bisogna avere la forza di affrontare il tema di fondo. Senza ipocrisie o impugnando bandiere, solo per guadagnare facili consensi.
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La recente, terribile vicenda della ragazza pakistana scomparsa nel nulla, in provincia di Reggio Emilia, pone interrogativi severissimi. Oltre l’orrore, bisogna avere la forza di affrontare il tema di fondo. Senza ipocrisie o impugnando bandiere, solo per guadagnare facili consensi.
Non è certo la prima volta che in Italia ci troviamo a dover raccontare di ragazze cresciute con i nostri figli, nelle nostre scuole, nel nostro mondo, strappate a forza alla loro gioventù e voglia di libertà, per seguire antiche consuetudini dei paesi d’origine delle loro famiglie. I matrimoni combinati, che anche in Italia conoscevamo molto bene non molti decenni fa, sia pure in un contesto differente, finiscono per diventare pura violenza sull’anima e il corpo di ragazze che sognano solo di vivere come sembra loro naturale. La colpa, agli occhi dei genitori, è quella di sentirsi italiane, di essere cresciute fra noi, educate nelle nostre scuole, dove – con tutti i limiti e le criticità che tante volte abbiamo sottolineato – queste giovanissime donne vengono a contatto e interiorizzano una cultura e un modello sociale lontani anni luce da quello in cui le proprie famiglie vorrebbero rituffarle a forza. Sospendiamo pure lo scontato giudizio, anche perché non può esserci dibattito: per noi occidentali, determinati principi non sono negoziabili. Pur consapevoli dei nostri difetti e ritardi, consideriamo la parità di genere un impegno morale, oltre che un obiettivo ancora non del tutto realizzato.  

(Fermo immagine di un servizio della Gazzetta di Reggio, YouTube)

  Quello che dobbiamo chiarire, senza possibilità di equivoco, è che in Italia non c’è e non ci sarà mai spazio per alcun relativismo culturale. Non sono ammesse enclave nei diritti inalienabili della persona, nella sua libertà e nell’intangibilità delle sue scelte. A cominciare dai minori, che dobbiamo avere la volontà e la forza di difendere sino alle estreme conseguenze dai soprusi derivanti anche da tradizioni o riti familiari (si pensi alla criminale pratica dell’infibulazione). Davanti alla sopraffazione e alla violenza non può valere il peloso distinguo di un generico rispetto della cultura altrui. Massima tolleranza e considerazione per tutti, ma in uno stato di diritto esiste un limite invalicabile: quello definito dalla Costituzione e dalle leggi. Non abbiamo alcun interesse a definire di destra o di sinistra i basilari concetti del rispetto e della tutela delle libertà individuali. Conosciamo bene quale evoluzione della nostra società, spesso tragica, ci sia dietro. Non siamo disposti a metterli a repentaglio, per un buonismo iprocrita.     di Fulvio Giuliani

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