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Senza limiti!

Quello che colpisce dell’Italia di Roberto Mancini è il continuo percorso di crescita. La sensazione che partita dopo partita, al di là dei record, dell’incredibile striscia di risultati positivi, dell’imbattibilità più lunga di sempre, il gruppo riesca a trarre insegnamento da ogni confronto.

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Quello che colpisce dell’Italia di Roberto Mancini è il continuo percorso di crescita. La sensazione che partita dopo partita, al di là dei record, dell’incredibile striscia di risultati positivi, dell’imbattibilità più lunga di sempre, il gruppo riesca a trarre insegnamento da ogni confronto.

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Quello che colpisce dell’Italia di Roberto Mancini è il continuo percorso di crescita. La sensazione che partita dopo partita, al di là dei record, dell’incredibile striscia di risultati positivi, dell’imbattibilità più lunga di sempre, il gruppo riesca a trarre insegnamento da ogni confronto.

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Quello che colpisce dell’Italia di Roberto Mancini è il continuo percorso di crescita. La sensazione che partita dopo partita, al di là dei record, dell’incredibile striscia di risultati positivi, dell’imbattibilità più lunga di sempre, il gruppo riesca a trarre insegnamento da ogni confronto.

Una caratteristica normalmente associata alle squadre di club, non certo alle nazionali, per loro natura costruite – quasi destinate – a privilegiare il risultato a tutti costi, non certo gli obiettivi per gradi. Macchine da tornei brevi e dall’enorme pressione psicologica. La vittoria sul Belgio di ieri sera, invece, è il trionfo di un modo di intendere il calcio, lontano dall’improvvisazione individuale, dai colpi del campione che ti tirano fuori dai guai. L’Italia di Monaco di Baviera ha giocato bene al calcio, imponendosi tatticamente su un avversario superiore sulla carta, ma incapace di prendere le misure all’avversario. Perché più preparato, più sul pezzo. Questa è la grande vittoria, ma anche l’insegnamento, del Ct Mancini. Aver costruito nel tempo, con pazienza e restando fedele alle proprie idee, una squadra fatta realmente di 18-19 elementi intercambiabili. È un luogo comune vecchio come il pallone quello del ‘siamo tutti titolari’. Chiunque abbia giocato anche nei tornei parrocchiali, sa che non è mai così. Quasi mai, perché nell’Italia degli europei 2020 i cambi sono risultati spesso decisivi, molto più che una semplice arma tattica. Una vera superiorità strategica, determinata dalla capacità di sfruttare a fondo la nuova regola delle cinque sostituzioni. Un modo diverso di giocare tatticamente le partite. Poi, la capacità di soffrire, centrale quasi quanto la qualità tecnica. Ieri sera, gli azzurri avrebbero potuto chiuderla molto prima, come è pur vero che Donnarumma ha tirato giù la saracinesca quando si era ancora sullo 0-0. Rimasti con il risultato in bilico, c’è stato da soffrire, ma la squadra sapeva cosa fare, allenata dall’infinita sfida all’Austria. Dopo nove anni, siamo tornati a giocare la semifinale di un grande torneo. Potremmo dire di aver terminato la traversata del deserto, ma non lo faremo, perché ci piace questa sensazione di poter andare avanti e poi avanti e avanti ancora. Oltre la sfida alla Spagna di martedì. Nel mirino, chissà… perché il più grande regalo che puoi farti nella vita – lezione del grande filosofo Buzz Lightyear – è puntare ‘to the infinity and beyond’. All’infinito e oltre.   di Fulvio Giuliani

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