Annegare in una tazzina di caffè
Esiste un’intensa filosofia sul caffè da bere fumante nella tazza che scotta, mentre l’aroma inconfondibile arriva quale esperienza sensoriale
Annegare in una tazzina di caffè
Esiste un’intensa filosofia sul caffè da bere fumante nella tazza che scotta, mentre l’aroma inconfondibile arriva quale esperienza sensoriale
Annegare in una tazzina di caffè
Esiste un’intensa filosofia sul caffè da bere fumante nella tazza che scotta, mentre l’aroma inconfondibile arriva quale esperienza sensoriale
Esiste un’intensa filosofia sul caffè da bere fumante nella tazza che scotta, mentre l’aroma inconfondibile arriva quale esperienza sensoriale
Esiste un’intensa filosofia sul caffè da bere fumante nella tazza che scotta, mentre l’aroma inconfondibile arriva quale esperienza sensoriale che invita alla reiterazione quotidiana del rito. Tutto ebbe inizio da una tazza di caffè? Per Friedrich Nietzsche il caffè è meditazione e quest’ultima dà origine alla filosofia. Giuseppe Verdi lo definisce il balsamo dell’anima, mentre secondo Voltaire – drogato di caffeina – è un veleno utile a riflettere su come combattere i tiranni e gli imbecilli. Sorprende leggere come il drammaturgo americano Thomas Stearns Eliot abbia misurato la sua vita nella sequenza numerica dei cucchiaini di caffè. Pino Daniele nel 1978 dedica al liquido aromatico il testo di una canzone: «Na tazzulella ’e cafè e mai niente ce fanno sape’… E invece e c’aiuta’ c’abboffano ’e cafè», metafora sul caffè oppio dei napoletani e sulla capacità dei potenti di lasciare il popolo nella condizione di beata ignoranza.
Comunque sia interpretato, il caffè è la bevanda più consumata nel mondo: da quello turco a quello espresso napoletano, dal nous nous marocchino al frappè greco, dal café de olla messicano al cafezinho brasiliano (Paese che vanta produzione e coffee culture profondamente radicate). Eppure, nonostante i tanti estimatori disposti a morire per un caffè, in pochi ne conoscono le origini abissine, negli altopiani della regione etiope di Kaffa, dove furono scoperte le bacche del caffè. Da lì nel XV secolo raggiunsero la penisola arabica, dove ebbero inizio la coltivazione e il commercio. Si narra che i monaci sufi yemeniti, nonostante i digiuni per devozione, facessero uso di una bevanda a base di caffeina prima dei lunghi rituali di estasi ascetica.
Il caffè raggiunse l’Europa nel XVII secolo. Nel 1683 in piazza San Marco a Venezia aprì i battenti la prima bottega italiana del caffè, mentre il “Caffè Florian” (fondato nel 1720) divenne un raffinato centro di attività sociale intellettuale, frequentato da nomi illustri come Vivaldi, Pellico, Goethe, Hemingway. All’Expo Generale di Torino del 1884 fu presentata la prima macchina del caffè espresso: una vera rivoluzione nella sua preparazione.
Ancora oggi l’approccio a ogni tipologia di incontro è siglato dall’invito «Prendiamo un caffè». Ma cosa sprigiona una sua tazza? L’acido clorogenico e l’acido tannico, considerati polifenoli con funzioni antiossidanti, alcuni minerali (manganese, potassio e magnesio) e vitamine del complesso B, aminoacidi, glicidi e lipidi che gli conferiscono l’aroma. La tostatura concentra le sostanze antiossidanti e dall’acido clorogenico si arriva all’acido caffeico, polifenolo facilmente assorbibile dalla mucosa intestinale. La dose di caffeina varia in base alla miscela e aumenta con il contenuto di acqua. E la caffeina cos’è? Una metilxantina – presente nei chicchi di caffè e di cacao, nelle foglie del tè, nelle bacche di guaranà e nelle noci di cola – il cui effetto biologico primario è l’antagonismo sul recettore dell’adenosina, nucleoside quest’ultimo che promuove il sonno, favorisce la vasodilatazione e rallenta il ritmo cardiaco. La caffeina provoca un immediato rilascio dei livelli plasmatici di catecolamine responsabili dei valori più elevati della pressione arteriosa e del ritmo cardiaco accelerato; attiva inoltre la secrezione gastrica di acido cloridrico (per questo è controindicata nei sofferenti di gastrite ed ernia iatale) e gli acidi grassi liberi nel sangue con azione sinergica sul dimagrimento.
Studi recenti hanno portato nuovamente alla ribalta l’associazione fra l’uso abbondante e frequente della bevanda e il rischio di malattia coronarica, per l’effetto vasocostrittore della caffeina e per quello ipercolesterolemico dei diterpeni presenti però nel caffè non filtrato (per tale ragione l’“American Journal of Epidemiology” promuove la moka o l’espresso). L’assenza di evidenze scientifiche sui rischi potrebbe essere collegata invece alla presenza nella miscela di sostanze antiossidanti. Da anni in letteratura scientifica esistono ricerche in campo neurologico sul caffè e sulla caffeina, per capire se effettivamente riducano i sintomi motori e la rigidità del Parkinson. Uno studio recente statunitense ha dimostrato che la caffeina stimola la produzione di nicotinammide mononucleotide adenylyl transferasi 2, un enzima neuroprotettivo carente in molte malattie degenerative del sistema nervoso. Ma, nonostante l’impegno sul fronte neuroscientifico, ciò che di concreto esiste – almeno fino a oggi – è il ‘piacere recettoriale’ profondo nel sorseggiare il caffè dalla tazzina che scotta.
di Elvira Morena
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Tag: società
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