AUTORE: Annalisa Grandi
Solo tra sabato e domenica e soltanto a Milano cinque ragazzi sono stati accoltellati. Il capoluogo lombardo è però solo l’esempio, ormai il simbolo in negativo di questa emergenza baby gang che si allarga a macchia d’olio nelle città di tutta Italia.
I primi a farne le spese sono proprio i giovanissimi, che raccontano di non sentirsi più al sicuro quando devono uscire. Soprattutto se sono da soli, perché la forza di queste gang sta proprio nel branco, tanti contro pochi.
È terribile pensare che a 13 come a 16 anni si vada in giro con il terrore di essere picchiati o derubati, con il timore che anche un pomeriggio in centro si trasformi in un incubo. Anche per questo il fenomeno non può in alcun modo essere sottovalutato: è fondamentale che questi giovanissimi vengano individuati e puniti il prima possibile.
In alcune città esiste già una sorta di ‘mappatura’ dei luoghi in cui le baby gang agiscono, altrove le forze dell’ordine da settimane identificano i giovanissimi che si ritrovano in alcuni luoghi considerati ‘caldi’. Così è molto più semplice incrociare poi volti e nomi quando si hanno a disposizione i filmati delle telecamere di sorveglianza, che si sono rivelati fondamentali nell’individuare i responsabili di furti e aggressioni.
Non va sottovalutato il fenomeno anche perché le baby gang esercitano anche un certo fascino nei confronti dei coetanei, complice il fatto che spesso i social vengono utilizzati per esibire le proprie gesta e atteggiarsi a gangster: «Va di moda» raccontano in molti.
Proprio per questo la tempestività degli interventi appare fondamentale. Si tratta di poco più che bambini: non arrestarne il percorso verso l’illegalità significa rischiare di perderli, di vederli poi commettere reati sempre più gravi, quando invece potrebbero essere recuperati. La giovane età li fa sentire non punibili, eppure stroncare sul nascere questa tendenza a delinquere o a usare la violenza è in molti casi ancora possibile.
Serve sicuramente affrontare il problema in modo strutturale, perché a prescindere dalle specificità dei singoli contesti urbani si tratta in verità di un fenomeno che ha caratteristiche pressoché identiche in tutte le città.
Chi domanda se non siano i media a ‘esagerare’, ponendo troppo l’accento su queste baby gang, provi a fare un giro in centro – da Milano a Bari passando per Torino e Bologna – e a parlare con i negozianti, anche loro spesso bersaglio di questi gruppi di giovanissimi. Il problema esiste, non affrontarlo di petto significa solo rischiare che dilaghi ancora di più.
Di Annalisa Grandi
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