Balneari. Pantomima senza vergogna
| Società
Napoli, la Corte dei Conti accende un faro sulla gestione degli stabilimenti balneari, che inquieta: ipotesi oneri versati al Demanio inferiori a quanto dovuto

Balneari. Pantomima senza vergogna
Napoli, la Corte dei Conti accende un faro sulla gestione degli stabilimenti balneari, che inquieta: ipotesi oneri versati al Demanio inferiori a quanto dovuto
| Società
Balneari. Pantomima senza vergogna
Napoli, la Corte dei Conti accende un faro sulla gestione degli stabilimenti balneari, che inquieta: ipotesi oneri versati al Demanio inferiori a quanto dovuto
| Società
Mille euro al mese allo Stato, il fatturato invece si avvicina al milione di euro annuo. Il faro che la Corte dei Conti ha acceso sulla gestione degli stabilimenti balneari sul litorale di Napoli inquieta: l’ipotesi su cui si lavora è di oneri versati al Demanio inferiori a quanto dovuto. Nei giorni scorsi la Guardia di finanza ha bussato alle porte dell’Autorità portuale, ovvero l’ente che detiene le concessioni balneari e incassa i canoni. Si analizza nel dettaglio le attività dei gestori dei lidi, dagli ombrelloni agli eventi.
Dunque, canoni irrisori – e questa è una certezza, senza attendere l’esito delle indagini della Corte dei Conti – e anche l’ipotesi che non siano saldati del tutto. Una novità? Lobby dei concessionari, business del mare, a scelta: il tema è stato più volte affrontato su La Ragione ed è davvero una vicenda che determina sconcerto. Si è scritto degli affitti irrisori sui litorali italiani, degli evasori fiscali. In Italia si parla ormai da molti anni di come i governi dovrebbero affrontare la grossa questione delle concessioni pubbliche agli stabilimenti: sono concessioni pubbliche e come tali dovrebbero essere assegnate con gare aperte e sulla base di criteri trasparenti, poiché le spiagge sono un bene che appartengono a tutti.
Invece le stesse concessioni sono prorogate periodicamente in modo quasi automatico agli stessi proprietari e non è servito a nulla lo scossone che ha provato a sortire la Commissione europea chiedendo la liberalizzazione del settore.
Sono passati ormai 16 anni dal primo monito, invece tre anni dalla procedura di infrazione per il mancato recepimento della direttiva Bolkestein sui beni pubblici e poco meno di due anni dalla sentenza del Consiglio di Stato che aveva imposto la cessazione delle concessioni entro il 31 dicembre 2023. Il limite è stato respinto di un anno dal governo Meloni, che a luglio ha imposto una mappatura degli stabilimenti (che in verità c’era già) e che si è sostanzialmente accodato agli esecutivi precedenti nell’esercizio del salto della staccionata (rappresentata dal tema concessioni), come accadeva in quel famoso spot di un famoso olio da cucina, una pubblicità degli anni ‘80 che rende al meglio l’idea.
Non è quindi una sorpresa quello che ipotizza la Corte dei Conti a Napoli, ma di sicuro indigna.
Di Nicola Sellitti
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
Leggi anche

Passaporto: averne uno è costoso, lento e ingannevolmente digitale
15 Maggio 2025
Ottenere o rinnovare un passaporto in Italia costa 116 euro. Una somma che ne fa uno dei più car…

Essere mamma oggi, fra pochi servizi e disparità
11 Maggio 2025
Lavorano appena due su cinque. Costrette ad adeguarsi a salari bassi, senza usufruire di servizi…

Angelo Dalle Molle, dal Cynar all’intelligenza artificiale
04 Maggio 2025
Angelo Dalle Molle, imprenditore nato a Mestre nel 1908, è noto ai più come l’inventore dell’ama…

Il turismo lo devi saper fare. La lezione (eterna) della Romagna
03 Maggio 2025
Pochi luoghi rappresentano al meglio l’Italia come la Riviera romagnola: non puoi neanche pensar…
Iscriviti alla newsletter de
La Ragione
Il meglio della settimana, scelto dalla redazione: articoli, video e podcast per rimanere sempre informato.