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Curare il bambino in noi

Dovremmo proprio imparare a diffidare non di chi sappia coccolare e preservare il bambino in noi, ma sempre più di chi l’ha lasciato andare
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Curare il bambino in noi

Dovremmo proprio imparare a diffidare non di chi sappia coccolare e preservare il bambino in noi, ma sempre più di chi l’ha lasciato andare
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Curare il bambino in noi

Dovremmo proprio imparare a diffidare non di chi sappia coccolare e preservare il bambino in noi, ma sempre più di chi l’ha lasciato andare
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Dovremmo proprio imparare a diffidare non di chi sappia coccolare e preservare il bambino in noi, ma sempre più di chi l’ha lasciato andare
Queste poche righe sono anche un test: quanti si riconosceranno nel profilo che sto per tratteggiare? Quello del kidult, dell’adulto che compra giochi apparentemente riservati a bambini o ragazzini per proprio esclusivo piacere e forma di antistress. Un vero e proprio fenomeno internazionale (dell’Occidente in buona misura, per quanti ce ne siano in Paesi come Cina o Giappone, ma con caratteristiche e gusti un po’ diversi) che vede centinaia di migliaia di donne e uomini ben oltre l’età destinata ai giochi – chi l’avrebbe poi stabilita?! – impazzire per le spade di Star Wars, per giochi da tavolo più o meno complessi, giochi di ruolo dalle partite grosso modo infinite. Ancora, trasformarsi in collezionisti scatenati di memorabilia, gadget e action figure di personaggi di fumetti, eroi, supereroi, serie Tv. Vi siete riconosciuti? Qualcuno lo ha magari anche un pochino nascosto per paura di fare “brutta figura “? Una delle caratteristiche della nostra era è proprio quella di aver abbattuto le mura invisibili che precludevano al mondo adulto il gioco. Non di rado la stessa parte ludica della vita, considerata scioccamente ‘infantile’. L’adulto – se preferite il kidult – ovviamente giocherà in modo profondamente diverso rispetto al bambino di cinque anni, al ragazzino, adolescente o un giovane adulto. Spesso lo farà per riscoprire l’atmosfera, il ‘sapore’ e le sensazioni dell’infanzia e della giovinezza. In questa sorta di innocua e dolce “sindrome di Peter Pan” non c’è proprio nulla di sbagliato. Chi di noi l’ha provata, anzi, sa quanta forza, equilibrio, serenità possa regalare anche per pochi minuti. In pochi minuti, oltretutto. Che bello, poi, riscoprire una socialità diversa dai rapporti codificati del mondo del lavoro o propri dell’età adulta. Intorno a un tavolo occupata dalla plancia di un board game, nella costruzione di una meraviglia della Lego o di un plastico di un trenino, ascoltando il master di un gioco di ruolo si intessono relazioni, si formano amicizie. Si vive un tempo con ritmi che tendiamo a dimenticare nel nostro quotidiano. Brandire una spada laser, giusto per fare un esempio particolarmente facile, non ci fa apparire stupidi. Almeno non in modo molto diverso da quando ci lasciamo trasportare da emozioni profondissime per una partita di calcio. Solo che quel genere di passione – con tutto il suo carico di infantilismi – è sdoganata da tempo. Quella dell’adulto per il gioco è un fenomeno molto più recente. Ci permettiamo di far notare anche lo straordinario business, considerato che non pochi di questi giochi e gadget hanno costi parametrati sulle passioni e le possibilità del mondo adulto. Dovremmo proprio imparare a diffidare non di chi sappia coccolare e preservare il bambino in noi, ma sempre più di chi l’ha lasciato andare senza rimpianti. di Fulvio Giuliani La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!

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