| Società
La sicurezza reale e quella ‘percepita’: Bufale, paure e realtà.
Non ci si crede, ma è così. Dal 1991 al 2019 gli omicidi in Italia sono diminuiti del 74%, passando da 1.197 a 315 delitti annuali, dei quali 204 hanno riguardato gli uomini e 111 le donne. In circa la metà dei casi (47%) sono avvenuti in ambito familiare o affettivo. Un secolo fa gli omicidi erano mediamente 3.800 l’anno e il nostro Paese si poneva ai vertici della classifica. Nel 1930 Francia, Svezia, Danimarca, Irlanda e Paesi Bassi erano i Paesi più tranquilli al contrario dell’Italia, dell’Austria, della Grecia e del Portogallo.
Nel 2018 in Italia sono stati compiuti 354 omicidi, in Germania 632, in Francia 779 e nel Regno Unito 754. In rapporto alla popolazione, il valore percentuale degli omicidi è maggiore nei tre Paesi assunti a confronto. I dati Istat dimostrano come l’Italia sia oggi uno dei Paesi più sicuri al mondo rispetto al rischio di essere vittime di omicidio volontario. Analogamente, si nota una costante diminuzione dei furti e delle rapine. Dal 2014 al 2019 le rapine denunciate sono diminuite del 45% mentre i furti dichiarati si sono ridotti del 32%. Per le rapine l’Italia è abbondantemente preceduta dagli altri Paesi comunitari e la percentuale dei furti è inferiore ai Paesi del Nord Europa.
Eppure, il cittadino si sente insicuro. Secondo il Censis, ci sono oltre 6 milioni di italiani che hanno paura di tutto: in casa o fuori, vivono costantemente in stato d’ansia. Oltre alle fobie, c’è comunque un 66% di italiani che ha paura di rimanere vittima di un reato. Insomma, diminuiscono i reati e aumenta la paura. Come è possibile questo paradosso? Vediamo.
Il sociologo Zygmund Baumann così descrive nel suo libro “Babel” uno stato d’animo diffuso: «Ci sentiamo vulnerabili, a livello individuale, singolarmente, e tutti insieme in quanto nazione, anzi in quanto specie umana». La vulnerabilità induce alla paura, che è una reazione naturale di fronte a un pericolo reale o percepito; nasce nella nostra testa e determina la rilevanza emotiva di una esperienza, che può essere vissuta direttamente oppure a seguito del racconto di persone a noi vicine. Soprattutto può essere sollecitata dagli organi di informazione, i quali giocano una parte fondamentale nell’indurre quell’insicurezza che, sfociando nella paura e nella percezione del pericolo, assume aspetti dominanti rispetto a quelli reali.
Le emozioni determinate da un racconto, diretto o indiretto, prevalgono insomma sulla ragione. I media, in particolare la televisione, hanno una grande responsabilità nel drammatizzare le notizie di fatti criminosi e indurre la sensazione di vulnerabilità nei cittadini. Interessi economici delle reti informative accentuano le notizie di cronaca perché determinano un maggiore ascolto degli utenti e, quindi, un valore aggiunto dei costi pubblicitari e dei relativi incassi. In tutto questo si inserisce l’attività dei partiti, pronti a cavalcare l’onda emotiva suscitata da episodi di criminalità. Dove si collochi la Rai, cioè il pubblico servizio radiotelevisivo, non è dato sapere.
di Primo Mastrantoni
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