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C’è Befana e Befana

Tra le diverse tradizioni nel mondo, dalla Befana vecchina italiana alle varie canzoni tradizionali, il vero centro del messaggio dell’Epifania è l’incontro del sacro con l’umano.

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C’è Befana e Befana

Tra le diverse tradizioni nel mondo, dalla Befana vecchina italiana alle varie canzoni tradizionali, il vero centro del messaggio dell’Epifania è l’incontro del sacro con l’umano.

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C’è Befana e Befana

Tra le diverse tradizioni nel mondo, dalla Befana vecchina italiana alle varie canzoni tradizionali, il vero centro del messaggio dell’Epifania è l’incontro del sacro con l’umano.

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Tra le diverse tradizioni nel mondo, dalla Befana vecchina italiana alle varie canzoni tradizionali, il vero centro del messaggio dell’Epifania è l’incontro del sacro con l’umano.

Qualunque fenomeno religioso non è solamente religioso. In senso strettamente teologico l’Epifania riguarda solo i cristiani, cattolici o variamente riformati. Culturalmente il messaggio della Rivelazione riguarda tutti, anche agnostici e atei, in quanto oggettivamente universale. Da questa prospettiva proviamo a interpretarne laicamente contenuti e simboli: anche questo è un esercizio della Ragione e dei suoi lumi. Diciamo subito che la Befana, intesa come generosa vecchietta volante, è solo italiana. Con la ramazza sorvola i tetti e spazza via l’anno vecchio. Negli altri Paesi si celebra l’Epifania come prima manifestazione al mondo del figlio di Dio, e basta. Ovviamente per chi ci crede: tant’è che “La dodicesima notte” di Shakespeare (dodicesima, si capisce, dopo quella di Natale) reca anche nel titolo: “o quello che vuoi”, ovvero come piace a te. Pirandello direbbe: così è se vi pare. La certezza matematica non l’avremo mai: con la ragione si indaga, con la fede si crede. Persino questo Papa, in un’intervista del 2019, pare abbia farfugliato qualche mezzo dubbio sulla natura divina di Gesù. Nell’ambito dello stesso cristianesimo non mancano differenze stilistiche. “Stille Nacht”, in inglese “Silent Night”, è tutto un inno al raccoglimento, alla compostezza, all’interiorità di un sentimento intimo, profondo. Sobrio e quasi individualista. Tutto brilla, tutto è calmo e semplice. In “Adeste fideles”, canto latino e cattolico, il divino neonato si manifesta clamorosamente al mondo: accorrete gente, venite in tanti, facciamo festa! Il Signore degli angeli è qui! Quasi un’estroversa kermesse popolare o trionfale iconografia barocca da Controriforma. Già in precedenza la divinità si era manifestata in vari modi, tra visioni, profezie e sacre scritture. Ma ora è diverso, perché si incarna fisicamente nel mondo. Qualche scettico potrà obiettare che un vero dio non ha bisogno di inviati speciali. Ma proprio questo è il cristianesimo, anche nelle sue espressioni più carnali. Si pensi ai nudi del Rinascimento maturo, con quel sontuoso debordare di seni e cosce che gli stessi papi, in mancanza di sensuali spot, incoraggiavano per attirare le masse: Adeste Fideles, appunto. Con grande scandalo di un Lutero inorridito. Infatti nei templi protestanti il crocifisso è sufficiente, assente qualunque altra immagine sacra: parliamo di gente seria, che però si è persa, tra l’altro, Michelangelo e Caravaggio. Ma il vero centro del messaggio è l’incontro del sacro con l’umano. I Magi, ambasciatori del mondo, ‘legittimano’ l’ingresso di Gesù nella storia. In pittori come Gentile da Fabriano, Botticelli e Leonardo la grandiosa svolta viene esaltata da strutture architettoniche diroccate, simbolo del tramonto del mondo pagano. Due dimensioni a confronto, la terrestre e la divina, che Gesù stesso, molto laicamente, saprà efficacemente distinguere: a Cesare quel che è di Cesare, il mio Regno è altro. Libera Chiesa in libero Stato, dunque, anticipando Cavour. Altro che disegno di legge Zan. A proposito di politica. Oggi, specie sui social, si tende a un abuso polemico di immagini sacre. Non è raro trovare grandi crocifissi accompagnati da litigiose provocazioni del tipo “Lo pubblico perché disturba molti”. Cristiani per dispetto? Meschinità inutile. Mettetelo solo se ci credete. E comunque, a tutti, Happy Fania! di Gian Luca Caffarena  

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