Ci mancava Fedez con il karate
Sembra che stare zitti non sia più un’opzione. Influencer mai a riposo, donne e uomini di spettacolo, gente comune. Fedez ne ha sparata un’altra, questa volta sul Karate
| Società
Ci mancava Fedez con il karate
Sembra che stare zitti non sia più un’opzione. Influencer mai a riposo, donne e uomini di spettacolo, gente comune. Fedez ne ha sparata un’altra, questa volta sul Karate
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Ci mancava Fedez con il karate
Sembra che stare zitti non sia più un’opzione. Influencer mai a riposo, donne e uomini di spettacolo, gente comune. Fedez ne ha sparata un’altra, questa volta sul Karate
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Sembra che stare zitti non sia più un’opzione. Influencer mai a riposo, donne e uomini di spettacolo, gente comune. Fedez ne ha sparata un’altra, questa volta sul Karate
Sembra che stare zitti non sia più un’opzione. Dobbiamo essere diventati un Paese incapace di coltivare l’arte della riflessione e del sangue freddo, quantomeno della capacità di contare fino a 10 prima di dar fiato alla bocca e rischiare di sparare castronerie.
Considerazione che sarebbe troppo comodo limitare ai politici nei giorni della bufera Cospito, dei documenti “sensibili” sciorinati in Parlamento – citazione del ministro della Giustizia Nordio, non di uno che passava per strada – come fossero noccioline. Anzi, ne scriviamo questa mattina su La Ragione, come una bella clava da calare metaforicamente sulla testa degli avversari.
Senza pensare – non pretendiamo alle conseguenze – ma almeno a quello che si sta facendo.
Influencer mai a riposo, donne e uomini di spettacolo, gente comune, ci siamo dentro tutti. Fedez, che non pago di essersi lasciato andare a una sceneggiata inqualificabile ai danni della memoria di Emanuela Orlandi, ne ha sparata un’altra bollando il karate come “sport inutile“. Una battuta, ne siamo certi, fatta per provare a strappare un sorriso, un darsi di gomito. Eppure, buttata lì senza riflettere e fuori contesto, capace di offendere, almeno far dispiacere chi in questa antica disciplina trova momenti importanti della propria vita, oltre che una fonte di soddisfazione sportiva per un intero Paese ai massimi livelli internazionali. Come l’olimpionico Luigi Busà, che ha avuto gioco facile a rispondergli per le rime.
Del resto funziona così, si parla per parlare, per fotografare o registrare quello che si è scritto o detto e postarlo. Per vedere, insomma, l’effetto che fa.
Solo che l’effetto sfugge facilmente di mano, può far male o è direttamente pericoloso.
Abbiamo costruito un’atmosfera aggressiva, eccessiva e volgare, in cui non si contano più – altri esempi freschissimi – minacce e improperi a un calciatore che sbagli le scelte professionali o addirittura faccia semplicemente il proprio mestiere, segnando dei goal. I casi Zaniolo e Berardi.
Cominciamo con il contare fino a 10, meglio a 20, prima di aprir bocca.
di Fulvio Giuliani
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