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Coerenza, questa sconosciuta

Per discettare sulla “coerenza” vorrei raccontarvi un episodio della mia vita. Un tipo di coerenza che è un valore imprescindibile oggi purtroppo sempre più assente
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Coerenza, questa sconosciuta

Per discettare sulla “coerenza” vorrei raccontarvi un episodio della mia vita. Un tipo di coerenza che è un valore imprescindibile oggi purtroppo sempre più assente
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Coerenza, questa sconosciuta

Per discettare sulla “coerenza” vorrei raccontarvi un episodio della mia vita. Un tipo di coerenza che è un valore imprescindibile oggi purtroppo sempre più assente
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Per discettare sulla “coerenza” vorrei raccontarvi un episodio della mia vita. Un tipo di coerenza che è un valore imprescindibile oggi purtroppo sempre più assente

Per discettare sulla “coerenza” vorrei raccontarvi un episodio della mia vita. Avevo quattro anni e il mio bisnonno – detto Giovannone perché alto e con una voce baritonale, anche se uomo di poche parole – veniva a prendermi all’asilo e mi portava a casa sua, nel cuore del vecchio e popolare quartiere milanese dell’Isola, case di ringhiera con la corte e il bagno in comune sul ballatoio. Sì, proprio dove oggi ci sono i grattacieli e il Bosco Verticale di Boeri. Passando davanti alla storica sede del Partito comunista in via Volturno, mi stringeva forte la mano e con la sua voce cavernosa mi metteva in guardia: «Attento, qui ci sono gli assassini di Trotsky». Credo di essere stato l’unico bambino al mondo a sapere che fosse esistito il signor Trotsky.

Quando il vecchio Giovanni fu sul punto di morire le pie donne di casa chiamarono il sacerdote, don Eugenio Bussa: figura molto nota a Milano, “Giusto tra i Giusti” per avere salvato alcuni bambini ebrei dalle leggi razziali. Giovanni ed Eugenio, pur così opposti nelle loro idee: uno anarchico (non scherziamo, non quella roba che oggi si fa chiamare così) e l’altro un prete. Mentre don Eugenio gli somministrava l’estrema unzione, Giovanni in un ultimo sussulto vitale sollevò leggermente il capo verso l’orecchio del prete e, letteralmente, gli disse: «Eugenio vai a dar via il cu…». Orrore della nonna, che già immaginava l’irredento marito precipitare nelle fiamme dell’Inferno per quell’ultimo sfregio. Don Eugenio, uomo di grandi vedute e rara intelligenza, le disse: «Eh no, Nina, tu andrai in Purgatorio, ma Giovanni ti aspetterà in Paradiso perché Nostro Signore premia sempre la coerenza».

Ho spesso ripensato a questo episodio della mia vita, constatando come quel tipo di coerenza (che comporta coraggio e determinazione nell’affermare le proprie idee) sia un valore imprescindibile e purtroppo sempre più assente nei comportamenti quotidiani, soprattutto in ambito politico. La conformità fra le proprie convinzioni e l’agire pratico è virtù sempre più rara. Non so se, come asserì don Eugenio, ti porterà in Paradiso, ma la fedeltà ai propri princìpi ti rende senz’altro un uomo migliore.

«La coerenza è l’ultimo rifugio delle persone prive di immaginazione» disse Oscar Wilde. Non concordo e scelgo Socrate: «Sarebbe meglio che la mia lira fosse scordata e stonata, e che lo fosse il coro che io dirigessi, e che la maggior parte della gente non fosse d’accordo con me e mi contraddicesse, piuttosto che sia io, anche se sono uno solo, a essere in disaccordo con me stesso e a contraddirmi».

di Andrea Pamparana

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