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Contro la violenza servono la cultura e l’educazione

Su donne e femminicidi si sprecano fiumi di parole ma ci vogliono i fatti. Vedere 8 deputati presenti su 630 in aula a Montecitorio durante la discussione della mozione contro la violenza sulle donne non fa di certo ben sperare.
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È ora di dire basta, ma non scrivendolo sulle braccia per postare una foto il 25 novembre o quando inauguriamo una panchina rossa o quando riempiamo le piazze di scarpe di donna. L’aula di Montecitorio, praticamente vuota durante la discussione della mozione contro la violenza sulle donne (8 deputati presenti su 630), è una chiara immagine di come su donne e femminicidi si sprechino fiumi di parole, ma alla prova dei fatti il Paese resti immobile.

I dati diffusi da ActionAid sono disarmanti. Solo il 2% dei fondi stanziati per il 2020 a livello statale sono arrivati a destinazione, mentre tempi lunghissimi per l’erogazione delle risorse, impedimenti burocratici e mancanza di interventi strutturali sono l’ulteriore dimostrazione di come in Italia non si riesca a dare concretezza alle intenzioni. Dalla giustizia alla scuola le lacune restano profonde. I tempi per la presa in carico dei casi di ‘codice rosso’ spesso nelle aule giudiziarie diventano biblici e letali, lasciando le vittime esposte per mesi al rischio di ulteriori aggressioni e violenze.

Sappiamo che, numeri alla mano, le donne ottengono i risultati migliori a scuola e all’università, pur restando le principali vittime di violenza e di crisi economiche (i dati delle percentuali di perdita di lavoro durante il lockdown della componente femminile della popolazione ne sono un esempio). Tutto ciò, però, resta la punta dell’iceberg.

Senza la costruzione di una consapevolezza sociale ed economica del valore che le donne apportano al nostro sviluppo come sistema Paese, non faremo passi in avanti. Ricordiamo che spesso la violenza nasce in contesti in cui non c’è indipendenza e che il Pnrr costituisce in tal senso un’occasione preziosa. Non servono interventi rivoluzionari: un posto al nido per ogni bambino, congedi di genitorialità che equiparino uomo e donna introducendo un congedo significativo per i padri (l’obbligo di 3 giorni per i papà è ridicolo), premialità fiscale per le imprese che assumono donne e, perché no, un libro bianco delle aziende pubbliche e private che eliminano il gap salariale con vantaggi fiscali o punteggi in caso siano fornitori dell’ente pubblico (lo facciamo chiedendo le certificazioni Iso perché non con un marchio #freegendergap?).

Dimostriamo che le donne sono importanti e meritano rispetto applicando i principi già contenuti nella nostra Costituzione. Non è una questione di quote o di corsie preferenziali, ma solo di fare ciò che è giusto, perché i diritti di tutti siano rispettati.

 

di Laura Scalfi

Direttore generale dell’Istituto G. Veronesi e del Liceo Steam International

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