Controra, caldo e costumi
Controra, caldo e costumi
Controra, caldo e costumi
Quando non c’era l’aria condizionata – che secondo Luciano De Crescenzo è stata la più grande invenzione del secolo scorso – c’era la controra. Praticata soprattutto al Sud, era un’ora contraria: era giorno ma è come se fosse stata notte. Durava circa tre ore: dalle 14 alle 17. Si chiudevano o socchiudevano le finestre e le persiane e ci si metteva a letto con il concerto gracchiante delle cicale. In quelle tre ore – sia nelle città sia nei paesi – tutto si fermava e imperava la canicola. Chi usciva era considerato pazzo. Nessuno si lamentava del caldo perché lo si viveva per ciò che era: un fatto naturalissimo e se ci si lamentava della calura lo si faceva nella consapevolezza della totale inutilità del lamento, dal momento che nessuno pensava di essere il signore del giorno e della notte.
Con l’invenzione dell’aria condizionata, però, le cose sono cambiate: la controra, che equivale alla siesta spagnola (ora sesta), c’è ancora ma male si coniuga con la vita moderna in cui l’orario di lavoro non prevede il riposo pomeridiano ma, al massimo, la pausa pranzo. L’aria condizionata ha rivoluzionato i ritmi di lavoro – in ufficio, in automobile, in azienda – ma ha creato anche un’illusione: la inesistenza o, meglio, la innaturalità della controra. In questo salto di temperatura che c’è fra l’ufficio e la strada, l’automobile e l’asfalto, l’azienda e il mondo, il condizionatore e l’incondizionato nascono tutte le leggende contemporanee, tutti i record del giorno più caldo dell’anno, dell’estate più calda di sempre. La non coincidenza fra aria condizionata e aria libera o, se volete, la coincidenza fra orario (di lavoro o turistico) e controra genera il lamento universale sul caldo impossibile e innaturale, creando uno strano fenomeno: se il caldo è insopportabile, le lamentazioni e disquisizioni sul caldo sono ancora più insopportabili.
Con l’ora legale, la controra è diventata illegale. I condizionatori d’aria permettono di continuare a lavorare. Sono molto più presenti, ormai, degli antiquati ventilatori e sono più essenziali del loro contraltare: il termosifone. Per lavorare il sistema di raffreddamento è più importante del sistema di riscaldamento, soprattutto dove – come in Italia – l’estate è più calda di quanto l’inverno non sia così freddo. Però, anche se l’aria condizionata ha sostituito l’aria dell’afa, le ore della controra continuano a esistere. Anzi, siccome il lavoro è soprattutto cittadino, la controra non è quella della campagna, del borgo e della spiaggia bensì quella dell’aria surriscaldata di città. Il caldo è lì che aspetta tutti, appena usciti dagli uffici, dai bar, dai taxi. Esempio: da Largo Argentina a Montecitorio sono pochi passi ma se li fate svelti arriverete indecenti e se li fate a passo lento rischiate lo svenimento. La controra non perdona. Bisognerebbe saperlo e fare le previsioni del tempo non con paternalismo e dogmatismo bensì con quel tratto signorile e ironico che fu del colonnello Bernacca, che era ben consapevole di maneggiare non una scienza ma – diciamo così – un’arte o, perfino, un passatempo.
C’è però un luogo dove la pennichella si pratica senza soluzione di continuità: la Camera dei deputati. In particolare nel primo pomeriggio, nella sala lettura (ricca di comode poltrone e morbidi divani, con una luce soffusa) il parlamentare italiano – da destra a sinistra, da Nord a Sud – riposa le sue stanche membra e rende omaggio a questa istituzione italiana, risorgimentale e preunitaria, fascista e comunista, repubblicana e cattolica: la controra.
di Giancristiano Desiderio
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