Cosa non è l’8 marzo
| Società
Tutti i luoghi comuni sull’8 marzo: su ciò che non è e su quello che, invece, dovrebbe essere

Cosa non è l’8 marzo
Tutti i luoghi comuni sull’8 marzo: su ciò che non è e su quello che, invece, dovrebbe essere
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Cosa non è l’8 marzo
Tutti i luoghi comuni sull’8 marzo: su ciò che non è e su quello che, invece, dovrebbe essere
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Non è un mazzo di mimose. Gesto ormai vuoto e privo di ogni contenuto. Non è un “tanti auguri”: che sia un triste messaggio a catena su whatsapp o un a una frase detta distrattamente senza quasi sapere perché. Tanti auguri, di che?
Non è un sciopero. Creare ulteriori disagi anche a chi è protagonista di questa giornata non aiuta la causa. Anzi non serve proprio a nulla. Anziché scioperare perché per esempio non si pensa a risolvere i problemi della vita quotidiana, spesso ancora principalmente sulle spalle delle donne? Passeggini impossibili da trasportare, ascensori rotti, poca sicurezza…
Non è un post sui social, una frase fatta, una foto a effetto, un logo colorato di rosa, viola, arcobaleno…un elenco di buone intenzioni. Bene sensibilizzare, ma non basta più. Bisogna fare. Non è una classifica di donne che che ce l’hanno fatta. Fatta a far cosa?
L’8 marzo dovrebbe essere tutt’altro.
Dovrebbe essere un momento di riflessione sulla storia e sul percorso che le donne hanno compiuto e stanno faticosamente facendo ogni giorno per raggiungere una parità che richiede ancora 132 anni a livello globale a essere ottimisti per essere raggiunta. Un momento per ascoltare e riflettere su cosa succede in Paesi dove le donne ancora non hanno diritti, neanche quello di mostrare il volto, gli occhi. Figurarsi esprimere un pensiero.
Un momento in cui sottolineare proporre e mettere in pratica soluzioni, iniziative concrete. Partire dai piccoli traguardi raggiunti per prendere slancio. Presidente del Consiglio e segretario del primo partito di opposizione donna. Possono non piacere, possono non riflettere i pensieri di tante donne, ma rappresentano innegabilmente un punto di rottura con il passato. Facciamo in modo che non siano un’eccezione, che diventi la normalità.
Che vengano giudicate per il merito e con il merito, anche rispetto a colleghi uomini. Senza nessun tipo di occhio di riguardo. Ma con lo stesso metro di giudizio. Con le stesse opportunità. Questo vuol dire parità.
di Federica Marotti
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