Così il dissenso ha perso il suo valore
| Società
Perché il dissenso alla ministra Roccella al Salone del Libro è stata un’occasione persa per i diritti delle donne
Così il dissenso ha perso il suo valore
Perché il dissenso alla ministra Roccella al Salone del Libro è stata un’occasione persa per i diritti delle donne
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Così il dissenso ha perso il suo valore
Perché il dissenso alla ministra Roccella al Salone del Libro è stata un’occasione persa per i diritti delle donne
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AUTORE: Claudia Burgio
Contestata e zittita. Nel corso del Salone del Libro di Torino, questo week-end, il ministro per la famiglia e le pari opportunità, Eugenia Roccella, non ha avuto neanche il tempo di presentare la sua ultima fatica in campo letterario “Famiglia radicale”.
In tantissimi, sia prima che dopo l’appoggio di Elly Schlein e Roberto Saviano, si sono mostrati assolutamente concordi “con chi ha dato voce ai diritti delle donne”, che stando alle critiche non sarebbero sufficientemente tutelate dalla ministra.
L’impressione però è che a muovere le contestazioni o i dissensi (come ama definirli chi li appoggia, come Selvaggia Lucarelli) non sia più il desiderio di dare voce ai diritti ma quello di contestare a prescindere. Pena la bollatura di essere anti femministi. Che il ministro Roccella in questi mesi abbia fatto degli scivoloni in merito al diritto di abortire, è fuor di dubbio. Ma perché “battersi” durante la presentazione di un libro dedicato alla storia del padre della Roccella, Franco Roccella, politico e tra i fondatori del Partito Radicale, che ispirò peraltro lo stesso Marco Pannella? Ironia della sorte, proprio coloro che scesero in piazza per la legge 194 in Italia.
C’è chi ha persino scomodato i moti femministi – che non sempre si sono espressi con toni pacifici – per “giustificare” quanto avvenuto a Torino. Come se per far valere i propri diritti ci fosse un manuale ed un unico corretto modus operandi. Davvero dobbiamo continuare a illuderci che l’unica via percorribile sia quella finora battuta? Ma soprattutto, ha senso contestare a prescindere? O forse anche il diritto all’aborto in fin dei conti viene oggi strumentalizzato e violentato da qualsiasi partito politico, comprese alcune associazioni femministe?
Quanto sarebbe stato ben più costruttivo e rivoluzionario dissentire ponendo le giuste domande al ministro Roccella? Senza dimenticare peraltro, che proprio durante il Salone del libro a Torino, vi erano numerosissimi giovani e studenti provenienti da tutta Italia, ai quali si sarebbe dato un esempio di democrazia ben più ragionato di quello istintivo e di pancia al quale hanno assistito. Se davvero sono “giustificati” questi dissensi, vuol dire che un domani se dovessero essercene altri durante la presentazione di un libro sui diritti lgbtq+ sarebbero legittimati ugualmente come quello avvenuto a Torino? E qui il punto, qui il nodo da sciogliere per comprendere perché contestare in quel modo è stato non solo controproducente, ma sterile da ogni punto di vista.
Detto ciò, sarebbe stato auspicabile che il ministro per la famiglia e la natalità spendesse qualche parola in merito alla legge 194, che oggi compie il suo 45esimo anniversario. Insomma, da qualsiasi parte non c’è l’intenzione di affrontare in maniera costruttiva un diritto che rimane importante per ogni singola donna, perché come scriveva Oriana Fallaci nel suo libro “Lettera a un bambino mai nato”: “Essere mamma non è un mestiere, non è nemmeno un dovere: è solo un diritto fra tanti” e come tale, aggiungiamo noi, lo è anche scegliere di non diventare madri.
Di Claudia Burgio
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