Che si stesse meglio quando si stava peggio è una mistificazione resa facile dallo scorrere del tempo. Si invecchia, ci si adatta con fatica agli usi e costumi delle nuove generazioni e si fugge con la mente verso un’epoca che la selezione dei ricordi ci fa apparire come irrimediabilmente migliore. Questo meccanismo, che sfrutta la memoria selettiva a vantaggio dei “bei vecchi tempi”, si innesca con ancora maggiore intensità e frequenza quando di mezzo ci sono i nostri figli.
Fatta questa doverosa premessa e consci che noi, ai tempi che furono, di pericoli comunque ne correvamo parecchi, potrebbe essere utile provare ad analizzare cosa accade di molto pericoloso oggi ai nostri figli nonostante ci si sforzi tanto di proteggerli, molto più di quanto non accadesse in passato. Generazioni, quelle dal 2000 in poi, cresciute a pane e tecnologia, col nuoto neonatale, i libricini per stimolare, i pomeriggi con gli amichetti per socializzare, il corso d’inglese al nido, la scuola calcio, la festina a tema, i tacchi a dieci anni, la fidanzatina a undici e il tatuaggio a tredici. Ragazzi che crescono in fretta, che escono la sera, che fumano in casa, che gestiscono la loro libertà trattandola come un diritto acquisito.
Eppure, come se fossimo davanti a quello che credevamo un solido palazzo e si rivela invece una scenografia che poggia sul nulla, quegli stessi ragazzi sono quelli che hanno tolto il pannolino a quattro anni e il ciuccio a cinque, quelli che non sono mai andati a scuola da soli, che da soli non hanno mai preso un autobus fino all’adolescenza, che non hanno dovuto aspettare o rinunciare a qualcosa che desideravano, a cui non abbiamo dato la possibilità di guadagnarsi lo spazio che gli abbiamo generosamente concesso.
A differenza nostra – gente cresciuta patteggiando la discoteca al pomeriggio, ribellandoci a genitori che ancora usavano il battipanni come metodo educativo ma soprattutto costretti a imparare a cavarcela da soli già nel cortile sotto casa – quelli di oggi sono ragazzi per cui la libertà concessa e la responsabilità pretesa non vanno mai di pari passo, con la prima che batte la seconda dieci a zero. Le chiavi di casa, che per noi erano una conquista, diventano per loro un’incombenza inutile, tanto ci sono mamma o papà che aprono la porta a tutte le ore. La serata in discoteca fino all’alba una necessità inderogabile, a maggior ragione dopo due anni di pandemia, dopo che li hai visti in apnea così a lungo e faresti qualunque cosa per vederli finalmente spensierati.
E così li lasciamo andare per il mondo senza averli allenati, liberi ma indifesi, furbi ma incoscienti, creativi ma incapaci di badare a sé stessi. Chissà se davvero si stava meglio quando si stava peggio.
Di Maruska Albertazzi
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