Giù le mani da Lady Oscar
Lady Oscar è finita nella bufera dopo che Cristina D’Avena ha eseguito una canzone a lei dedicata in una kermesse di Fratelli d’Italia
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Lady Oscar è finita nella bufera dopo che Cristina D’Avena ha eseguito una canzone a lei dedicata in una kermesse di Fratelli d’Italia
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Lady Oscar è finita nella bufera dopo che Cristina D’Avena ha eseguito una canzone a lei dedicata in una kermesse di Fratelli d’Italia
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Lady Oscar è finita nella bufera dopo che Cristina D’Avena ha eseguito una canzone a lei dedicata in una kermesse di Fratelli d’Italia
Oggi, potrete leggere su La Repubblica online un’interessante analisi-esegesi di uno dei personaggi più riusciti dei cartoni animati della mia generazione, Lady Oscar.
La coraggiosa, bionda protagonista in panni da uomo, amatissima dalle bambine mie coetanee (ebbene sì, noi maschietti preferivamo Goldrake e Mazinga, ma non disdegnavamo Lady Oscar e persino Heidi), è finita nel trita carne politico. Tutto per la sovversiva scelta della nota agitatrice Cristina D’Avena di cantare una canzone a lei dedicata, in una kermesse di Fratelli d’Italia.
Pur di impallinare la suddetta cantante, notissima interprete di alcune delle più famose sigle di cartoni animati, che ha avuto l’ardire di presenziare a una riunione del partito della presidente del Consiglio, quale miglior strada che massacrare (per dissacrare lei, ovvio) un personaggio-icona per chi oggi ha fra i 40 e i 50 anni?
Il nocciolo del ragionamento è: considerato che Lady Oscar è notoriamente una bambina cresciuta ed educata da uomo – anzi da guardia reale – per decisione del padre che voleva a tutti costi un figlio maschio, la stessa non può conoscere l’amore. L’amore le è precluso, perché da un lato rifiuta esplicitamente l’idea di rapporti omosessuali, dall’altro è prigioniera dello status di donna mascherata da uomo che le impedisce di coronare l’amore di una vita per il bell’André.
Storia strappalacrime che ha fatto palpitare i cuori di milioni di ragazzine, ma che nella spietata analisi de la Repubblica non è amore, non può assurgere a questa dimensione sentimentale, perché Lady Oscar è prigioniera della sua condizione, dei suoi tempi, della violenza che le è stata fatta, eccetera.
Il solito meccanismo mentale, schiavo del politicamente corretto, per cui si decontestualizza qualsiasi cosa – anche un cartone animato – e lo si piega alle proprie esigenze ideologiche. Per cui, perdonate la brutalità, se Lady Oscar avesse manifestato un’eventuale omosessualità sarebbe stata un manifesto dell’amore, del progressismo, della bellezza, della diversity and inclusion ante litteram. Considerato, però, che ama perdutamente il bell’André in vestiti da uomo e si strugge per il medesimo, allora non è degna di considerazione e di un moto d’affetto.
Il suo non sarebbe amore, vai a capire per quale benedetto motivo. Uno ce n’è ed è sempre il solito: l’omaggio a un progressismo di facciata, per cui è degno solo ciò che decide una determinata corrente di pensiero. Figurarsi, poi, se di rapporti fra sessi si parla a una platea di attivisti di Fratelli d’Italia.
Che brutta cosa l’omologazione ideologica e culturale.
W Lady Oscar e vien voglia di rivedere con occhi da adulto il cartone della nostra infanzia, con tanto di sigla che oggi finirebbe al rogo: “ll buon padre voleva un maschietto ma – ahime’ – sei nata tu”.
Pensate un po’, noi non ci indignavamo e basta, ma in un angolo della nostra testolina di bimbi partecipavamo del dramma intimo di questo potente personaggio.
Di Fulvio Giuliani
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