Denise Pipitone: studentesse fingono ritrovamento per qualche like sui social
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A Catania alcune studentesse fingono il ritrovamento di Denise Pipitone. Uno scherzo trasformatosi in lame nello stomaco per i genitori della piccola
Denise Pipitone: studentesse fingono ritrovamento per qualche like sui social
A Catania alcune studentesse fingono il ritrovamento di Denise Pipitone. Uno scherzo trasformatosi in lame nello stomaco per i genitori della piccola
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Denise Pipitone: studentesse fingono ritrovamento per qualche like sui social
A Catania alcune studentesse fingono il ritrovamento di Denise Pipitone. Uno scherzo trasformatosi in lame nello stomaco per i genitori della piccola
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AUTORE: Raffaela Mercurio
La profezia di Andy Warhol («In futuro tutti saranno famosi per 15 minuti») si è avverata nel peggiore dei modi. A Catania è andato in scena un artigianale ma convincente teatro dell’assurdo: alcune studentesse del Liceo classico “Cutelli” hanno diffuso un video in cui una ammetteva di essere Denise Pipitone a una ‘collega’ giornalista e di aver vissuto dal 2004 proprio nello sgabuzzino della scuola. Con proverbiale maestria il video, poi cancellato, inizia con: «Eccomi, sono Denise Pipitone». Uno scherzo, forse una prova di recitazione pro-futuro, trasformatasi in lame nello stomaco per i genitori di Denise, scomparsa a soli quattro anni da Mazara Del Vallo e mai più ritrovata. Una ferita ancora aperta per i genitori, che non hanno mai smesso di cercarla e di pensarla viva. «È mai possibile che per qualche like siano disposti a tutto e con tanta leggerezza?» hanno commentato mamma Piera Maggio e papà Pietro Pulizzi. «Dovreste vergognarvi e riflettere su ciò che avete fatto. Di sicuro non è quello che la scuola e le vostre famiglie vi hanno insegnato».
Il liceo catanese ha dichiarato di essere pronto a prendere seri provvedimenti, ma è giusto chiedersi come si sia arrivati a questa perdita di sensibilità collettiva. Solo ieri scrivevamo della vita di un professore distrutta dalle accuse totalmente inventate di alcune alunne
come vendetta per il sequestro in classe del cellulare. Storie diverse, figlie di uno stesso rapporto malato con tecnologia e digitale.
Di Raffaela Mercurio
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