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E la chiamano estate

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Siamo entrati nell’ultima settimana piena di agosto, l’estate volge ormai al tratto finale e facciamo qualche bilancio: poteva andare meglio, un po’ tutto

E la chiamano estate

Siamo entrati nell’ultima settimana piena di agosto, l’estate volge ormai al tratto finale e facciamo qualche bilancio: poteva andare meglio, un po’ tutto
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E la chiamano estate

Siamo entrati nell’ultima settimana piena di agosto, l’estate volge ormai al tratto finale e facciamo qualche bilancio: poteva andare meglio, un po’ tutto
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Siamo entrati nell’ultima settimana piena di agosto, l’estate volge ormai al tratto finale e qualche bilancio si può: poteva andare meglio, un po’ tutto. Non è andata male, beninteso, ma i record che ci aspettavamo non si sono registrati. Se abbiamo recuperato ingenti quote di turisti stranieri – americani in particolare, ma non solo – gli italiani sono venuti meno in modo piuttosto evidente e rumoroso (nel senso che hanno alzato la voce per far sapere i motivi delle proprie scelte). È come se fosse stato fatto un gran bel pernacchio a tutti quelli che pensavano di poter spennare senza ritegno. Un atteggiamento autolesionista e miope che pagheremo per un bel po’, perché recuperare chi abbiamo deluso o spaventato sarà durissima. La cosa peggiore è che molti operatori turistici – penso all’ormai leggendaria Puglia, ma anche alla Sardegna, alla Liguria, alla Campania, alla Sicilia, alle stesse montagne – non hanno proprio afferrato il concetto: continuano a scambiare i turisti per fessi. Giocano con il proprio futuro e quello dell’intero settore. Ci siamo fatti spernacchiare un po’ dal premier albanese Rama, mentre la nostra presidente del Consiglio ha dovuto riparare ad un’imbarazzante figuraccia di un gruppo di connazionali proprio in Albania, rimettendoci di tasca propria e beccandosi per sovrapprezzo anche un bel po’ di deprimenti polemiche. Abbiamo sprecato una stagione estiva, inutile girarci intorno, solo per egoismo e per soddisfare un paio di categorie iper protette e ormai diventate intoccabili a livelli patologici. Sì, parlo di tassisti e balneari, contro i quali continuo a non avere assolutamente nulla, ma di cui mi ostino a segnalare l’atteggiamento per nulla collaborativo e ancora meno conveniente a lungo termine. È stata e continua a essere l’estate di una incomprensibile (o comprensibilissima…) rabbia repressa. Un’estate di sordi rancori, che hanno trovato il loro eroe in un oscuro generale abbastanza furbo da fare da testa d’ariete di un variopinto esercito. C’è un po’ di tutto: sinceri libertari e libertini, discepoli della libera parola e del libero pensiero, ma anche odiatori di professione, tigri della tastiera, razzisti, gente fuori dal tempo, nostalgici e qualche fuori di testa. Tutti uniti sotto la bandiera di un nuovo profeta di quanto erano belli i tempi in cui gli omosessuali se ne stavano al posto loro. Abbiamo sprecato un altro po’ di estate, per star dietro a queste sciatte corbellerie, quando una volta – questa volta lo scrivo io! – davanti a certe sciocchezze si accompagnava alla porta, si invitava a posare il fiasco e nessuno osava fare il fenomeno per non passare per fesso. Almeno quello. Un’estate strana, un’estate che poteva essere, non è stata ed è finita per essere quello che proprio non avremmo voluto.   di Fulvio Giuliani

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