Educazione sessuale e sesso
Educazione sessuale e sesso
Educazione sessuale e sesso
All’indomani dello stupro accaduto a Palermo ai danni di una ragazza diciannovenne, una professoressa siciliana ha pubblicato un video divenuto subito virale: «Come insegnante mi sento in obbligo di dire la verità: abbiamo fallito. Non funzioniamo come padri, come madri, come struttura sociale. Siamo ipocriti: la comunità educante non può essere solo un’espressione linguistica, deve essere un fatto concreto». Una sorta di autodenuncia, la sua, che si fa largo nel rumore di fondo – compatto e ipocrita – provocato da chi augura la morte o il carcere a vita ai giovani stupratori. Troppo facile. «Nessuno può lavarsi le mani e dire “Io non c’entro”» ha ammonito domenica, in una chiesa semideserta, don Maurizio Patriciello, il prete testardo e coraggioso che fa opere di bene tra le palazzine popolari del rione Parco Verde di Caivano dove, nei giorni scorsi, si è consumato un altro stupro di gruppo con vittime due bambine di 11 e 13 anni. E infatti lui vive sotto scorta.
Intanto il dibattito pubblico scatenato dalle violenze estive ha sfoderato il solito refrain, quello delle grandi occasioni: quando accade qualcosa che turba e crea allarme sociale, “proibire” sembra l’orizzonte più tranquillizzante. Cosa? In questo caso il porno. L’idea – verosimile – è che i giovani implicati in questi atti di violenza si avvicinino alla sessualità esclusivamente attraverso la fruizione della pornografia. Peccato che si sappia (o meglio, si dovrebbe sapere) che è impossibile vietare qualcosa che si trova gratis in Rete: sarebbe l’ennesimo fallimento, deresponsabilizzante e animato da cattiva fede.
Puntare sulla censura e sulla repressione invece di investire risorse (umane ed economiche) nell’educazione sessuale come materia obbligatoria nelle scuole avrebbe significato, per tempo, lavorare sulla prevenzione delle stesse violenze sessuali. Quello che quasi tutta Europa realizza da anni: l’Italia è infatti uno dei pochissimi Paesi europei – insieme a Cipro, Bulgaria, Polonia, Romania e Lituania – privi di programmi curricolari nel merito. Questo nonostante le linee guida più aggiornate dell’Oms e dell’Unesco definiscano il diritto all’educazione affettiva e sessuale in sé «diritto alla salute», prezioso «per sviluppare relazioni sociali e sessuali basate sul rispetto». E infatti, in un recente Rapporto sugli impatti dell’educazione sessuale, l’Oms ha dimostrato come questa abbia portato – nel lungo termine e dove è realizzata – a una diminuzione delle gravidanze adolescenziali e degli aborti, delle malattie sessualmente trasmissibili (secondo l’Iss, negli ultimi vent’anni aumentate in Italia del 23%), dell’Hiv, degli abusi sessuali e dei casi di omofobia.
Nelle ultime ore il ministro dell’Istruzione Valditara ha annunciato lezioni di “educazione alla sessualità”, da intendere – sottolinea – come «corsi di formazione specifica sulla parità di genere, il rispetto dell’altro sesso e il contrasto a ogni residuo di machismo e maschilismo». Occorrerà attendere le linee guida per conoscere i dettagli e capire se questi corsi di educazione alla sessualità includeranno anche il parlare di sesso.
di Ilaria DonatioLa Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
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