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Estate, lavoro, giovani e polemiche

Sarebbero circa 350.000 le posizioni di lavoro estive che resteranno scoperte, secondo le stime, quest’estate nel comparto turistico. Una perdita enorme, soprattutto di cultura del lavoro e senso di sacrificio.
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Estate, lavoro, giovani e polemiche

Sarebbero circa 350.000 le posizioni di lavoro estive che resteranno scoperte, secondo le stime, quest’estate nel comparto turistico. Una perdita enorme, soprattutto di cultura del lavoro e senso di sacrificio.
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Estate, lavoro, giovani e polemiche

Sarebbero circa 350.000 le posizioni di lavoro estive che resteranno scoperte, secondo le stime, quest’estate nel comparto turistico. Una perdita enorme, soprattutto di cultura del lavoro e senso di sacrificio.
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Sarebbero circa 350.000 le posizioni di lavoro estive che resteranno scoperte, secondo le stime, quest’estate nel comparto turistico. Una perdita enorme, soprattutto di cultura del lavoro e senso di sacrificio.
Si avvicina l’estate e abbiamo la certezza di non riuscire neppure ad avvicinarci a coprire i posti di lavoro stagionali necessari. La cifra che gira in questi giorni è di circa 350.000 posizioni destinate a restare scoperte, nel comparto turistico. Non si trovano camerieri, fattorini, personale degli alberghi e delle strutture balneari, cuochi, addetti alle pulizie e così via. La spina dorsale della macchina del turismo. Il ministro competente Garavaglia ha lanciato l’allarme e chiesto un decreto flussi ad hoc, dunque di poter ricorrere a lavoratori immigrati da ‘convocare’ in Italia. Non pochi, considerato il partito di appartenenza, la Lega, hanno ironizzato sulla richiesta di più immigrati, ma questa è solo una polemica politica di basso livello. Si tratta di puro realismo, ora che è già tardi per la pianificazione estiva. Così come è partita la solita cagnara fra chi dà tutte le colpe al Reddito di cittadinanza (che pure ne ha di rilevanti e qui abbiamo sempre criticato aspramente) e chi se la prende con i datori di lavoro e gli stipendi troppo bassi. Con lo ‘sfruttamento’, in poche parole. Come sempre, in questi casi, non c’è una sola motivazione e non bisognerebbe chiudere gli occhi davanti a nessun aspetto per pura convenienza. La sostanza del problema è che tanti italiani non ci pensano neppure a passare i prossimi mesi occupati nel settore turistico, preferendo attendere non si sa bene cosa. Questo è un dato di fatto, su cui ciascuno può propendere per questa o quella motivazione predominante. È la sostanza a non cambiare e a dover sommamente preoccuparci: anche quando c’è, non di rado il lavoro viene rifiutato, comprese quelle occupazioni che tipicamente non costituiranno la professione o il mestiere di una vita, ma solo l’approccio dei primi anni. Le attività che fanno curriculum ed esperienza, mentre si studia e ci si prepara alla propria strada. Lavori dignitosissimi ed essenziali a interi comparti, ma che non tutti sceglieranno come proprio futuro. Eppure essenziali per i più giovani, nell’approccio ai diritti e doveri del mondo del lavoro. Parliamo della gavetta della vita, che non fa rima con nessun tipo di sfruttamento o prevaricazione, ma che non può essere al contempo cancellata da nessun provvedimento di sostegno economico o assistenza. Comunque la pensiate, un Paese con rilevanti problemi di disoccupazione che lascia vacanti centinaia di migliaia di posti – molti dei quali tipicamente destinati ai più giovani – è un Paese che un gigantesco problema di coscienza. Un Paese che non parla più di cultura del lavoro, tanto meno di pratica quotidiana e sacrificio.   di Fulvio Giuliani

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