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Fra slancio e chiusura

In Italia l’accoglienza dei bambini ucraini in fuga dalla guerra è stata molto attiva ma c’è anche un altro lato della Luna: quello di chi è disinteressato e alimenta pregiudizi, sfogandoli sui social.
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Fra slancio e chiusura

In Italia l’accoglienza dei bambini ucraini in fuga dalla guerra è stata molto attiva ma c’è anche un altro lato della Luna: quello di chi è disinteressato e alimenta pregiudizi, sfogandoli sui social.
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In Italia l’accoglienza dei bambini ucraini in fuga dalla guerra è stata molto attiva ma c’è anche un altro lato della Luna: quello di chi è disinteressato e alimenta pregiudizi, sfogandoli sui social.
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In Italia l’accoglienza dei bambini ucraini in fuga dalla guerra è stata molto attiva ma c’è anche un altro lato della Luna: quello di chi è disinteressato e alimenta pregiudizi, sfogandoli sui social.
Famiglie che hanno messo a disposizione letti, appartamenti, cibo, tempo libero. Un lavoro collettivo che impegna associazioni di terzo settore, associazioni statali, conventi. A Napoli così come a Milano, Roma, Bologna – le città italiane che più stanno accogliendo i profughi in fuga dalla follia della guerra – c’è stata sinora una straordinaria partecipazione dal basso alla causa ucraina. A Napoli, per esempio, sono arrivati oltre cinquemila rifugiati, altri arriveranno. I posti rimasti sono pochi. I bambini hanno trovato accoglienza nelle scuole. I primi casi sono stati quelli di Dmitri e Victoria, in un istituto scolastico di Pomigliano d’Arco, vicino Napoli. Uno dei più recenti l’abbiamo raccontato noi: Kataryna, cinque anni da Leopoli, che adesso frequenta una scuola dell’infanzia in pieno centro a Napoli. Palloncini giallo-blu, bandiere della pace, abbracci, regali, sorrisi. Purtroppo esiste anche l’altro lato della Luna. Nella sceneggiatura dell’accoglienza si sono svelati i disinteressati all’invasione russa in Ucraina. Che per loro resta in dissolvenza, incidendo forse soltanto sul costo del pane. Tutta gente appena sfiorata da quel flusso di persone che scappano stordite da bombe e paure. Si sommano a quelli che spiegano con spunti di geopolitica avanzata come il popolo ucraino debba arrendersi a Putin. Ancora, quelli che temono l’arrivo di altri bambini, di altri profughi, incollocabili in un contesto economico e sociale già piegato dalla pandemia. Avanzano soprattutto quelli che temono l’effetto profughi sul Covid-19, sul virus che si rilancia per la bassa percentuale di vaccinati di chi è arrivato dalla guerra. Per costoro occorre quindi tenerli alla larga, altro che accoglienza, e solidarizzare semmai con quelli voci inaccettabili sugli ucraini che devono cavarsela da soli, soprattutto di quelle mamme – è femminile l’80% della comunità ucraina in Italia, la più alta in un Paese nell’Unione europea, oltre 236mila secondo i dati Eurostat del 2020, il 23% in Lombardia, il 17,4% in Campania – che sono arrivate ora in Italia o che ci vivono da anni. Colf, badanti, lavoratrici domestiche, impiegate regolarmente in 66 casi su 100 ma che in realtà sarebbero cacciatrici di uomini italiani, magari già impegnati, meglio ancora se anziani. Queste voci te le ritrovi tutte presenti nello sfogatoio senza punizioni dei social. Popolano quel sottobosco del pregiudizio alimentato da storie vere, verosimili o fasulle delle amanti ucraine attirate dal benessere dell’Occidente e che trovano conferma in decine di siti dove si spiega al maschio italiano come conquistare un’ucraina. Una specie di mercanzia con gli occhi azzurri. Queste persone esistono e si sentono anche a Napoli, che resta casa dell’accoglienza. Vanno combattute con altre armi, ma con la stessa determinazione mostrata sinora dagli ucraini in patria. di Nicola Sellitti

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