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Giovani consapevolmente sprovveduti sui rischi del web

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Giovani consapevolmente sprovveduti sui rischi del web. L’ultimo rapporto dell’Osservatorio Indifesa di Terre des Hommes

Giovani consapevolmente sprovveduti sui rischi del web

Giovani consapevolmente sprovveduti sui rischi del web. L’ultimo rapporto dell’Osservatorio Indifesa di Terre des Hommes

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Giovani consapevolmente sprovveduti sui rischi del web

Giovani consapevolmente sprovveduti sui rischi del web. L’ultimo rapporto dell’Osservatorio Indifesa di Terre des Hommes

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E meno male che li abbiamo sempre dipinti come faciloni e distratti, sempliciotti e minimizzatori. I giovani che oggi hanno fra i 14 e i 26 anni (a spanne, quella che i sociologi vogliono si chiami Generazione Z) sono assai più consapevoli dei rischi della Rete di quanto noi adulti possiamo immaginare. Non sanno vivere senza il web, ma sanno perfettamente che proprio per colpa di Internet la loro quotidianità è infarcita di rischi. Non staccano gli occhi dallo schermo per più di qualche istante, ma hanno capito che proprio dietro quei display si nascondono i loro nemici più infidi.

Scorrendo l’ultimo rapporto dell’Osservatorio Indifesa di Terre des Hommes – da undici anni impegnato nell’ascolto di ragazzi e ragazze su violenza di genere, discriminazioni, bullismo, cyberbullismo e sexting – colpisce in particolare il fatto che una cospicua fetta dei 2.700 intervistati sia stata in grado di individuare chiaramente i principali pericoli che si corrono sul web. A cominciare dal revenge porn, citato al primo posto da quasi sei under 26 su dieci (il 58%). Continuando con l’alienazione dalla vita reale (49%), le molestie (47%) e il cyberbullismo (46%), che fra gli under 20 diventa il rischio in assoluto più temuto (52%).

La consapevolezza quindi c’è. Ma ci sarà anche la maturità necessaria a capire che cosa si potrebbe fare per proteggersi e come regolarsi di conseguenza? No, quella no. Per certi versi è pure comprensibile – se non altro per ragioni anagrafiche – per altri è però rivelatore di un approccio al problema sbagliato, e non necessariamente per responsabilità individuali. Vediamo: il 70% dei ragazzi si sentirebbe più tutelato se vi fosse una maggiore regolamentazione del web e se queste norme fossero più severe di quelle che già esistono. Errore: comportarsi come troppo spesso accade agli adulti e cioè cedere alla tentazione di invocare il fatidico “giro di vite”. Reprimere invece che prevenire. La via più sbagliata e inefficace che si possa immaginare, soprattutto senza aver prima percorso fino in fondo quella che imporrebbe prima la concreta applicazione delle norme già in vigore e poi, se del caso, un loro inasprimento.

È vero anche che se questo atteggiamento è imperdonabile in un adulto, deve stupire meno in un adolescente o poco più. Confortano quel 13% di giovani che resta scettico di fronte all’eventualità di introdurre regole più severe e soprattutto un seppur misero 6% di ragazzi che vedono questa eventualità come una limitazione della libertà. Il fatto è però che i giovani, di fronte a pericoli percepiti come tali e riconosciuti, continuano a comportarsi esattamente come sempre. Dunque alimentando il problema e non facendo nulla per auto-proteggersi.

Non è una sensazione, lo dicono i dati dell’Osservatorio Indifesa: l’86% degli intervistati – soprattutto donne – riconosce che condividere foto e video intimi con il partner o con gli amici è una pratica pericolosa perché li espone al revenge porn. Sa che esiste la possibilità di denunciare l’avvenuta condivisione di materiale di quel tipo per ottenerne la rimozione (anche se resta un 12,5% che non saprebbe cosa fare o pensa non ci sia nulla da fare per difendersi). Però continua come se niente fosse a comportarsi nel modo più sbagliato possibile: più della metà degli intervistati, per esempio, ammette candidamente di aver condiviso la password del proprio telefono o le credenziali dei propri account social. Più o meno come consegnare le chiavi di casa a un malintenzionato sperando che non faccia troppi danni.

E siamo al punto. Saranno anche consapevoli del rischio, ma questi ragazzi non sono evidentemente né formati né informati. Nessuno – a casa o a scuola – ha spiegato loro a cosa si può andare incontro per una leggerezza che può sembrare tale, ma tale non è affatto. Nessuno ha trovato il modo di incuriosirli e interessarli concretamente su un tema cruciale per la loro esistenza. Quel poco di formazione fatta fin qui è stata fatta male. Senza pensare che la formazione è prevenzione. Altro che giri di vite.

Di Valentino Maimone

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