Gli occupati crescono ma restano pochi
Secondo i dati sull’occupazione diffusi dall’Istat, siamo tornati ai livelli di occupazione pre-Covid. Ma la crescita degli occupati porta con sé anche un aumento dei contratti a termine, sinonimo di ‘precariato’.
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Gli occupati crescono ma restano pochi
Secondo i dati sull’occupazione diffusi dall’Istat, siamo tornati ai livelli di occupazione pre-Covid. Ma la crescita degli occupati porta con sé anche un aumento dei contratti a termine, sinonimo di ‘precariato’.
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Gli occupati crescono ma restano pochi
Secondo i dati sull’occupazione diffusi dall’Istat, siamo tornati ai livelli di occupazione pre-Covid. Ma la crescita degli occupati porta con sé anche un aumento dei contratti a termine, sinonimo di ‘precariato’.
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Secondo i dati sull’occupazione diffusi dall’Istat, siamo tornati ai livelli di occupazione pre-Covid. Ma la crescita degli occupati porta con sé anche un aumento dei contratti a termine, sinonimo di ‘precariato’.
I dati sull’occupazione, diffusi dall’Istat, segnalano un risultato importante ma non soddisfacente: siamo tornati ai livelli di occupazione pre Covid, e questo è il dato positivo, ma erano già allora bassi, in fondo alla classifica europea, essendo appena il 59% gli italiani che, potendolo fare, lavorano.
Sicuramente qualcuno vorrà mettere in evidenza un altro dato, ovvero che la crescita degli occupati porta con sé anche un aumento dei contratti a termine, considerati sempre sinonimo di ‘precariato’. Non solo è un errore culturale – per giunta fuori tempo nell’era in cui aumentano i lavoratori a tempo indeterminato che danno le dimissioni – ma sfugge l’altro elemento che quella tipologia contrattuale porta con sé: l’aumento dell’occupazione femminile.
Pur aumentando, resta al 50,5%. Il vero problema di questi nostri tempi, quindi, è che viviamo in un Paese che ha reagito alla recessione e cresce bene, recupera occupati e pareggia i conti con la pandemia, ma torna ad avere una scarsa partecipazione al lavoro, mantiene una disoccupazione alta (9%) e impressionante fra i 15 e i 24 anni (26,8%), il tutto mentre le imprese offrono lavoro e non trovano persone da assumere.
Se non si vuole fermare la crescita e se non si vuole drogare il mondo con i sussidi al non lavoro, i fronti su cui impegnarsi sono la formazione e la creazione di un sistema efficiente di collocamento, con una banca dati nazionale e non con tante banche dati regionali. Non sta in un tweet, ma sarebbe più utile di quello.
di Gaia Cenol
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Tag: lavoro
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