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Grassofobia e altri tabù

L’ultima novità è la campagna contro una nuova presunta fobia: quella verso chi è obeso o in sovrappeso, la grassofobia. Una campagna che in tutti gli ambiti stigmatizza gli atteggiamenti “grassofobici”.
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Grassofobia e altri tabù

L’ultima novità è la campagna contro una nuova presunta fobia: quella verso chi è obeso o in sovrappeso, la grassofobia. Una campagna che in tutti gli ambiti stigmatizza gli atteggiamenti “grassofobici”.
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Grassofobia e altri tabù

L’ultima novità è la campagna contro una nuova presunta fobia: quella verso chi è obeso o in sovrappeso, la grassofobia. Una campagna che in tutti gli ambiti stigmatizza gli atteggiamenti “grassofobici”.
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L’ultima novità è la campagna contro una nuova presunta fobia: quella verso chi è obeso o in sovrappeso, la grassofobia. Una campagna che in tutti gli ambiti stigmatizza gli atteggiamenti “grassofobici”.

Sono in molti, non solo a destra, a ritenere che il ddl Zan – naufragato al Senato nel 2021 per le rigidità del Pd di Letta – fosse non solo pericoloso per la libertà di opinione, ma anche mal impostato filosoficamente, logicamente.

Sul piano filosofico è stato notato che la legge non aggiunge alcun nuovo diritto per le minoranze e che appare inquietante – oltreché vagamente medioevale – usare la legge penale per reprimere o indirizzare i sentimenti, quali che essi siano. In questo senso si sono pronunciati, ad esempio, due uomini di sinistra come Piero Sansonetti (direttore de “Il Riformista”) e Tommaso Cerno, quando era ancora parlamentare del Pd.

Sul piano logico (e terminologico) è stato osservato che, se pure si vuole instaurare la pratica aberrante di usare il codice penale contro i sentimenti, può avere senso perseguire un sentimento aggressivo come l’odio ma non certo la paura. Fobia – in greco e pure in italiano – significa paura, come nella parola agorafobia (paura della piazza, cioè della folla). Perseguire xenofobia, omofobia e transfobia equivale a sostenere che la gente non abbia il diritto di manifestare sentimenti di paura verso determinate categorie di persone.

Meno attenzione ha ricevuto un altro limite del ddl Zan, che potremmo chiamare di natura concettuale. Come noto, l’operazione principale di quel disegno di legge era di estendere il raggio di azione della legge Mancino (legge n. 205 del 25 giugno 1993). Con quest’ultima le idee e le azioni discriminatorie punite con il carcere sono essenzialmente quelle basate su «motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali». Con la legge Zan si proponeva di allungare l’elenco a cinque nuovi tipi di motivi, precisamente quelli «fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità». Stranamente, pochi hanno notato come questo allungamento del brodo delle fobie aprisse una falla logico-concettuale irreparabile nella lotta all’odio e alle discriminazioni: la lista delle categorie e delle condizioni per le quali si può nutrire ostilità, esercitare discriminazioni, mettere in atto comportamenti bullistici è potenzialmente infinita.

Oggi ci preoccupiamo di proteggere gay, trans o disabili ma basta dare un’occhiata a quel che succede in una scuola per rendersi conto che la lista delle aspiranti vittime o minoranze da proteggere è aperta e necessariamente destinata ad allungarsi. Vittime di atti più o meno espliciti di bullismo, sopraffazione, stigmatizzazione, emarginazione non sono soltanto le minoranze sessuali, religiose o etniche: non di rado possono divenirlo i secchioni, i timidi, i primi della classe, le schiappe, le brutte, i grassi.

Già, i grassi. L’ultima novità è la campagna contro una nuova presunta fobia: quella verso chi è obeso o in sovrappeso. Una campagna che in tutti gli ambiti – dal mondo delle casalinghe alle scuole e allo star systemstigmatizza gli atteggiamenti “grassofobici”. Dove per grassofobia si intende non solo il dileggio di chi è grasso ma anche qualsiasi consiglio amichevole di adozione di uno stile alimentare volto a tenere sotto controllo il peso. Contro il peccato di grassofobia vengono brandite un nugolo di parole inglesi, sia positive – come body positivity o fat acceptance (accettazione del grasso) sia negative, come weight bias e diet culture (la credenza che esista un peso ottimale e che lo si debba inseguire con la dieta). Il tutto per proclamare il principio, scientificamente molto controverso, secondo cui si può essere in salute a qualsiasi peso (Haes o Health at every size) o meglio a qualsiasi livello del Bmi (Body mass index), l’indice che stabilisce il peso ottimale per ogni statura.

A quanto pare, quando il Pd ripresenterà il ddl Zan dovrà inserire i grassi insieme ai disabili, ai gay e ai trans. In attesa che la prossima minoranza stigmatizzata denunci una nuova fobia ed esiga l’allungamento della lista.

di Luca Ricolfi

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