I nuovi insegnanti e i test a crocette
I test a crocette sono usati non solo per verificare i risultati della didattica ma anche per “produrre” nuovi insegnanti e perfino nuovi insegnamenti
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I nuovi insegnanti e i test a crocette
I test a crocette sono usati non solo per verificare i risultati della didattica ma anche per “produrre” nuovi insegnanti e perfino nuovi insegnamenti
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I nuovi insegnanti e i test a crocette
I test a crocette sono usati non solo per verificare i risultati della didattica ma anche per “produrre” nuovi insegnanti e perfino nuovi insegnamenti
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I test a crocette sono usati non solo per verificare i risultati della didattica ma anche per “produrre” nuovi insegnanti e perfino nuovi insegnamenti
L’insegnamento della matematica non gode di ottima salute ma – come ha evidenziato Luca Ricolfi su queste pagine martedì scorso – anche i test Pisa e Invalsi usati per rilevare i risultati dell’insegnamento non stanno molto bene. Come a dire che sia l’insegnamento sia la sua verifica fanno acqua da tutte le parti. Come mai? Una risposta possibile potrebbe essere questa: perché il sapere si suscita come fiamma da fiamma e non si versa da vaso a vaso e non mira a costruire robot bensì a creare l’autodidatta. Ma questa idea maieutica dell’insegnamento, che implica la vocazione dell’insegnante e lo sforzo dell’allievo, non è di moda. E cosa è di moda? Le crocette. Infatti, i test sono usati non solo per verificare i risultati della didattica ma anche per ‘produrre’ nuovi insegnanti e perfino nuovi insegnamenti (come affetti e relazioni, che per definizione non sono insegnabili).
Il prossimo anno si terranno i concorsi per assumere altri trentamila docenti: diecimila circa nella scuola primaria (asilo ed elementari) e ventimila nella scuola secondaria di primo e secondo grado (medie e superiori). In cosa consiste la prova concorsuale? In due prove: una scritta e una orale. La scritta non si fa scrivendo ma rispondendo a domande a crocette: in questo modo il Ministero – questa specie di totem del ‘sapere assoluto’ che non sa niente – vuole misurare nientemeno che le competenze psicopedagogiche e didattiche, digitali e linguistiche. Anche la prova orale non si fa oralmente ma simulando una lezione senza gli alunni, che è un po’ come nuotare senza acqua.
Se questa è l’idea che si ha dell’insegnamento – ossia qualcosa che oscilla fra il niente e la inesistente competenza – non ci si può meravigliare né degli scarsi risultati né dell’inaffidabilità dei test nel rilevarli. È tutto il sistema scolastico e accademico che non va (naturalmente con le dovute eccezioni e con i buoni risultati che ci sono qua e là perché, grazie al cielo, il sapere e il non sapere, l’insegnare e l’imparare e la crescita individuale appartengono alla vita umana in quanto tale prima che a un sistema statale formalizzato). Si aggiunga che i nuovi docenti non vengono da Marte ma dallo stesso sistema dell’istruzione che non va e si capirà che è un cane che si morde la coda e che a ogni giro si scende di un girone.
Un tempo si diventava insegnanti studiando. Facendo una prova scritta in cui davvero si scriveva e sostenendo una prova orale in cui davvero si dimostrava di conoscere la materia del contendere. L’idea che vi era alla base del concorso era abbastanza elementare: verificare la preparazione del candidato perché un insegnante preparato ha maggiori possibilità di intrattenere gli allievi e di suscitare in loro il desiderio di conoscere conoscendosi. In questo modo l’insegnante preparato conquistava sul campo l’autorevolezza che gli veniva ‘insegnata’ e riconosciuta dagli stessi allievi che, alla fine, sono per davvero i giudici primi e ultimi di ogni insegnante. Infatti, da questo punto di vista, il lavoro didattico non è diverso da quello dell’avvocato o del medico o del dirigente o del giornalista o di chi volete: costoro diventano competenti solo e soltanto praticando il lavoro e misurando sé stessi. Purtroppo, oggi, quando si passa a discorrere della figura dell’insegnante – ma, in verità, vale anche per le altre figure – si crede che da qualche parte ci sia qualcuno o qualcosa che possegga la “scienza delle competenze” e come per magia la somministri.
Risultato? Una volta si avevano le conoscenze e si potevano conquistare le competenze, oggi non si hanno le conoscenze e non si conquistano le competenze ma in compenso abbiamo test e crocette.
di Giancristiano Desiderio
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