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I ragazzi chiedono il nostro aiuto

Il disagio e i rischi per la salute mentale dei giovani sono problemi denunciati da più parti. I ragazzi chiedono confronto e ascolto
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Il disagio e i rischi per la salute mentale dei giovani sono problemi denunciati da più parti. I ragazzi chiedono confronto e ascolto
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Il disagio e i rischi per la salute mentale dei giovani sono problemi denunciati da più parti. I ragazzi chiedono confronto e ascolto
Ho scritto due giorni fa, sulla prima de La Ragione, dei nostri ragazzi. Ho scritto alla necessità di garantire loro una formazione – una scuola, un’università- degna di loro, del loro futuro, del mondo reale che li aspetta fuori dalle aule. Resto fermamente convinto che la competizione non sia il male, come riconoscimento del maggiore impegno. Una lezione per il futuro, nulla più. Avremmo bisogno come il pane, a tal proposito, di professori stimolati a dare il meglio di sé, anche attraverso un sistema premiale che continuiamo a negare cocciutamente, in nome di un egualitarismo ideologico che finisce per far star comodi solo i docenti mediocri e gli sfaticati. Torniamo però ai ragazzi. Al loro disagio palese, ai rischi per la salute mentale denunciati da più parti. Punto primo: non possiamo archiviare tutto con un’alzata di spalle o un ascolto accondiscendente. Ieri sera mi è stato fatto vedere un sondaggio condotto nel liceo di mia figlia e i risultati sono oggettivamente impressionanti: oltre un ragazzo su due denuncia di provare paura e una profonda insoddisfazione generale, abbinata alla sensazione di essere spinti a una competizione fine a se stessa con i compagni. Di non essere valutati nell’insieme delle proprie potenzialità, ma esclusivamente attraverso i voti. Secondo un sistema, per farla breve, uguale a quello dei loro genitori. Questa è chiaramente una richiesta di ascolto e confronto, a cui si deve avere la capacità di rispondere non blandendo, ma dicendo loro la verità. Non si può nascondere ai nostri figli il peso che la competizione e la corsa all’eccellenza avranno nella loro vita professionale, spiegando però che la gara sarà sempre con se stessi. Molto prima che con gli altri. Che siamo noi a decidere dove andare e come andarci, su cosa spendere le nostre energie, coltivando le passioni che potranno dare un senso alla nostra vita. Dobbiamo provare a insegnare che la paura del futuro è normale, l’hanno provata tutti prima di loro ed è anche ansia di scoprire cosa ci sia di bello oltre la prossima curva. Dobbiamo riuscire a spiegare che tutto questo è comunque solo una parte – esaltante e potenzialmente ricchissima di soddisfazioni – di ciò che li definirà come persone. Il voto non conta proprio niente, se vissuto come punto di arrivo: la valutazione serve, è necessaria e deve essere anche severa, ma non può restare confinata alle pagelle di quando eravamo ragazzini noi. La domanda, allora, è: i genitori e i professori hanno voglia di dire queste verità? Hanno voglia di affrontare i propri figli e alunni trattandoli da adulti in formazione, non da bambini troppo cresciuti da proteggere in eterno? Abbiamo voglia e capacità di ascoltare le loro contestazioni, costringendoci a capire il loro punto di vista? Sapremo non dar ragione per apparire “amici” e magari chiedere di fare insieme una coreografia su TikTok? Insomma, avremo la capacità di essere adulti? Perché dare le risposte è il nostro lavoro. Di Fulvio Giuliani

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