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I rom non sono nomadi e non amano i campi

L’appello-denuncia di Santino Spinelli, primo rom in Italia a diventare docente universitario e a essere insignito Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, contro la discriminazione di rom e sinti a Roma e non solo.
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I rom non sono nomadi e non amano i campi

L’appello-denuncia di Santino Spinelli, primo rom in Italia a diventare docente universitario e a essere insignito Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, contro la discriminazione di rom e sinti a Roma e non solo.
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I rom non sono nomadi e non amano i campi

L’appello-denuncia di Santino Spinelli, primo rom in Italia a diventare docente universitario e a essere insignito Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, contro la discriminazione di rom e sinti a Roma e non solo.
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L’appello-denuncia di Santino Spinelli, primo rom in Italia a diventare docente universitario e a essere insignito Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, contro la discriminazione di rom e sinti a Roma e non solo.
Gira in questi giorni un appello-denuncia contro la discriminazione di rom e sinti a Roma e non solo. «Ipocrisia pura!» è l’accusa che arriva da Santino Spinelli: musicista con il nome d’arte di Alexian, primo rom a diventare in Italia docente universitario e a essere insignito  Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. È appena uscito il suo libro “Le verità negate. Storia, cultura e tradizioni della popolazione romaní” (Meltemi). Oltre al suo impegno artistico e culturale, Spinelli è soprattutto da sempre attivo sul fronte della difesa delle comunità romanès su due fronti: da una parte, contro razzismo e discriminazione; dall’altra, però, anche contro ‘ziganidioti’ e ‘Ziganopoli’. Gli uni «che mistificano la realtà romanì in malafede, con teorie strampalate, per ottenere vantaggi personali»; l’altra che indica «lo sfruttamento economico che gravita attorno al mondo romanò da parte di operatori, sedicenti esperti o ziganidioti, giornalisti, scrittori, documentaristi, ditte e associazioni che si occupano delle comunità romanès e che si sono arrogate il diritto di rappresentarle con il pretesto di aiutarle». Anche questo manifesto dice di volere ora denunciare queste cose, ma ha in calce una lista di giornalisti, scrittori, docenti universitari ed esponenti del mondo delle professioni leggendo la quale Spinelli si arrabbia. «Io sono trent’anni anni che denuncio questa terribile situazione, basta leggere gli articoli e i libri che ho scritto fin dagli anni Novanta. Ma a quei tempi molte delle stesse persone qui elencate si giravano dall’altra parte». E ancora: «‘Mafia capitale’ ha scoperchiato il malaffare e ora che i campi nomadi si sono svuotati da soli perché non arrivano più finanziamenti si dicono tutti a favore del loro superamento. Ma intanto quattro o cinque generazioni di rom si sono rovinate e molti operatori del settore arricchiti. Chi oggi vuole il superamento dei campi aveva le mani in pasta e quantomeno sapeva ed è rimasto silente. E il silenzio è connivenza». Spinelli dice che fare i nomi è antipatico e preferisce piuttosto fornire qualche numero. «Se negli anni Novanta c’erano circa 35mila rom nei campi, negli anni Dieci sono diminuiti a circa 26mila e oggi sono poco più di 11mila. I campi si stanno svuotando da soli e i rom ne stanno uscendo con le loro forze». Significa che «i rom non sono nomadi per cultura ma per capirlo i firmatari dell’appello hanno impiegato 30 anni, cercando di delegittimare me che lo denunciavo». Significa che, «se non fossero stati istituiti e finanziati, i campi nomadi non sarebbero mai esistiti. Qualcuno però ha annusato il business e li ha promossi come espressione culturale tipica, mentre in realtà erano soltanto apartheid. Altro che solidarietà umana». di Maurizio Stefanini

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