I turisti ignoranti
L’altra faccia della medaglia dell’overtourism è fatta da un numero sempre crescente di turisti ignoranti, inconsapevoli del contesto in cui si trovano

I turisti ignoranti
L’altra faccia della medaglia dell’overtourism è fatta da un numero sempre crescente di turisti ignoranti, inconsapevoli del contesto in cui si trovano
I turisti ignoranti
L’altra faccia della medaglia dell’overtourism è fatta da un numero sempre crescente di turisti ignoranti, inconsapevoli del contesto in cui si trovano
Scorrevo distrattamente Instagram, quando un video mi ha bloccato. La grande migrazione, uno degli spettacoli più suggestivi della natura: migliaia di gnu che attraversano il fiume Mara, tra Kenya e Tanzania, sfidando la corrente e i coccodrilli. La scena, però, questa volta era surreale. Sulla sponda appena conquistata, un gruppo di turisti a piedi, smartphone alla mano, bloccava il passaggio degli animali. Gli gnu, esausti e terrorizzati, erano costretti a un bivio: affrontare la massa di persone o rigettarsi in acqua, verso morte quasi certa. Molti sceglievano l’acqua.
Vivo e lavoro nel turismo internazionale da quindici anni, di cui otto passati proprio in Kenya. Credetemi, non è la prima volta che provo un simile senso di sconforto. Quell’immagine, però, è la sintesi perfetta di un problema che va ben oltre il semplice overtourism di cui tanto si parla. Non è solo una questione di numeri, ma sempre più un problema di ignoranza, nel senso letterale del termine: di persone che ‘ignorano’ il contesto in cui si trovano, prive della preparazione e della sensibilità minime per affrontare un viaggio.
Lo scorso dicembre, in Islanda, osservavo pullman scaricare turisti sui ghiacciai. Americani, spagnoli, cinesi, equipaggiati con sneakers e jeans, che scivolavano goffamente sul ghiaccio vivo, rischiando fratture a ogni passo. Ignoravano i cartelli che chiedevano di usare i ramponi, forse per non perdere tempo o per non spendere pochi euro di noleggio. Non stavano solo mettendo a rischio la propria incolumità, ma stavano banalizzando un ambiente naturale estremo, trasformandolo in un set fotografico privo di contesto.
Questa mancanza di preparazione è una costante. Penso alla carovana di camperisti alle isole Lofoten, in Norvegia: una fila ininterrotta su strade strette e delicate, pensate per piccole comunità e non per un’invasione motorizzata. O ai sempre più frequenti interventi del soccorso alpino per recuperare escursionisti improvvisati, partiti per un sentiero di montagna in maglietta e scarpe da ginnastica, sorpresi da un temporale che chiunque con un minimo di esperienza avrebbe previsto. Si affidano ciecamente a Google Maps, ignorando che la montagna ha regole proprie, non riducibili a un algoritmo.
L’apice di questo atteggiamento, però, l’ho visto durante i miei anni in Africa. Il safari in Kenya, un tempo esperienza quasi mistica, è diventato per molti una caccia allo scatto perfetto da postare sui social. Decine di jeep circondano un leone o un ghepardo, facendo fuoripista in sfregio alle regole dei parchi, con motori accesi e turisti che urlano per attirare l’attenzione dell’animale. Si è perso il senso del rispetto, l’idea di essere ospiti in casa d’altri. L’animale non è più una creatura selvatica, ma un attore involontario su un palcoscenico.
E poi c’è la costa, dove la situazione è, se possibile, ancora più desolante. Sulle spiagge, sedicenti ‘operatori locali’ raccolgono stelle marine, polpi e pesci palla per farli toccare ai turisti in cambio di una mancia. Li strappano dal loro habitat e li espongono all’aria, condannandoli a una morte lenta e atroce. I turisti? Felici, scattano una foto che finirà in un archivio digitale sterminato. Quel singolo gesto, identico a migliaia di altri, è la distruzione di un ecosistema fragile, sacrificato per un souvenir crudele. Non lo fanno per cattiveria, ma per pura ignoranza delle conseguenze.
Viaggiare è un’opportunità straordinaria, ma richiede un’assunzione di responsabilità. Non basta pagare un biglietto aereo o di un parco per sentirsi autorizzati a fare qualsiasi cosa. È necessario informarsi, prepararsi, capire le regole del luogo che ci ospita. Il problema non è il turismo in sé, ma l’approccio al viaggio come mero atto di consumo. Finché non capiremo che un ghiacciaio o una barriera corallina non sono parchi a tema, ma ecosistemi delicati da cui dipende il nostro futuro, video come quello degli gnu nel Mara saranno sempre più la norma. E sarà una sconfitta per tutti.
di Luca Cavallini
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
Leggi anche

Nasce “Domus Europa”, il centro europeo di cooperazione per la ricostruzione dell’Ucraina

Outlet: fulminea ascesa e inesorabile declino

Il gelato non è più per tutti. Rincari fino al 138% dal 2002
