Ideologie ambientaliste, parla Franscesco Vecchi
Oggi le nuove crociate riguardano l’ambiente, divenute “ideologia” senza vere soluzioni. Intervista a cura di Fulvio Giuliani
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Ideologie ambientaliste, parla Franscesco Vecchi
Oggi le nuove crociate riguardano l’ambiente, divenute “ideologia” senza vere soluzioni. Intervista a cura di Fulvio Giuliani
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Ideologie ambientaliste, parla Franscesco Vecchi
Oggi le nuove crociate riguardano l’ambiente, divenute “ideologia” senza vere soluzioni. Intervista a cura di Fulvio Giuliani
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Oggi le nuove crociate riguardano l’ambiente, divenute “ideologia” senza vere soluzioni. Intervista a cura di Fulvio Giuliani
Le crociate sono quasi sempre pericolose e lasciano un retrogusto amaro di scelte divenute improvvisamente indiscutibili e incontrovertibili. Al punto che non si può neppure più chiedere «Perché?». È la molla che ha spinto Francesco Vecchi, giornalista e conduttore Mediaset, a scrivere di ambiente nel suo “Non dobbiamo salvare il mondo” (Piemme). Provocatorio già dal titolo, in tempi di conformismo intellettuale: «Sicuramente i vostri lettori hanno dimestichezza con i criteri Esg, che oggi – giustamente – indicano la strada della sostenibilità. La E sta per ambiente (environment), ma la S e la G indicano il sociale e la governance. Eppure in questo momento, che non esito a definire di “crociata ambientalista”, non solo si fa prevalere la E ma si sta letteralmente schiacciando la S. Perché non esiste sostenibilità che non sia anche sociale e di governance. Se la società umana non prospera, francamente non ce ne facciamo niente di un ambiente fine a sé stesso e di una Terra vuota».
Francesco Vecchi prova a dare una risposta anche all’esplosione degli aspetti più di moda: «Da quando è uscito il libro, mi sono reso conto che per molti questa “missione” ambientale ha finito per riempire un vuoto. La raccolta differenziata, per esempio, viene vissuta come un rito religioso. Se fai notare che dal punto di vista pragmatico-razionale non tutto quello che stiamo facendo ha per forza un senso, susciti reazioni indignate. Quasi fosse blasfemia. Questa vera e propria ideologia ha trovato linfa nei campi orfani di un mondo – penso alla sinistra più radicale – che ha sempre criticato lo sviluppo economico, in particolar modo il modello occidentale. Pensate a cosa è accaduto negli ultimi decenni: abbiamo rigettato alcune ricette (per esempio l’energia nucleare o la genetica per il miglioramento delle piante) in grado di tutelare sia l’ambiente sia lo sviluppo economico. Lo abbiamo fatto in nome di una pura ideologia».
Resta il fatto che l’Occidente ha oggettivamente sviluppato una sensibilità invidiabile in materia, ponendosi come faro a livello mondiale. «È vero, allo stesso modo in cui siamo molto più sensibili su temi quali la parità dei sessi o il rispetto per il mondo animale» osserva Vecchi. «Per come la vedo io, ci sono delle società che hanno il privilegio e quindi il dovere di essere leader nel globo. In maniera razionale e intelligente, però, non suicida. Ecco, tutto il tema dell’auto elettrica è a mio avviso suicida. Decidere che alcune tecnologie non vanno più bene anziché misurarle sui risultati e non discuterne più».
Sull’auto elettrica – come fatto tante volte su queste pagine – gli ricordiamo le scelte non tanto dei governi o dell’Unione europea ma delle grandi case automobilistiche, che abbandoneranno nel giro di pochi anni il motore endotermico: «In Italia c’è stato un balzo nell’acquisto di auto elettriche ma solo da quando si parla del fatto che prima o poi ci saranno soltanto auto elettriche» ragiona Vecchi. «Io continuo ad avere dubbi: lasciamo libera l’intelligenza di percorrere le strade che ritenga più giuste e per far contenti tutti (i fan dell’ambiente e chi vuole magari una logistica ancora ‘tradizionale’). Nel libro mi diverto a fare l’esempio del primo Ferragosto full electric: che cosa succederà alle colonnine di ricarica? Ci si fermerà a dormire in coda…».
Di Fulvio Giuliani
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