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Il bavaglio non basta

Divieto di striscioni, tamburi e cori per i tifosi neroazzurri in occasione di Inter – Bologna: è la decisione punitiva contro i gravi accadimenti di una settimana fa. Ma siamo sicuri che solo silenziare sia la scelta giusta?
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Il bavaglio non basta

Divieto di striscioni, tamburi e cori per i tifosi neroazzurri in occasione di Inter – Bologna: è la decisione punitiva contro i gravi accadimenti di una settimana fa. Ma siamo sicuri che solo silenziare sia la scelta giusta?
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Il bavaglio non basta

Divieto di striscioni, tamburi e cori per i tifosi neroazzurri in occasione di Inter – Bologna: è la decisione punitiva contro i gravi accadimenti di una settimana fa. Ma siamo sicuri che solo silenziare sia la scelta giusta?
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Divieto di striscioni, tamburi e cori per i tifosi neroazzurri in occasione di Inter – Bologna: è la decisione punitiva contro i gravi accadimenti di una settimana fa. Ma siamo sicuri che solo silenziare sia la scelta giusta?
Una settimana dopo la partita contro la Sampdoria, è arrivata la punizione per gli ultras dell’Inter responsabili di aver sgomberato a forza gli spalti del secondo anello dello stadio Giuseppe Meazza di Milano, in segno di lutto per l’uccisione del loro storico “capo“ Vittorio Boiocchi. In occasione della partita di mercoledì prossimo contro il Bologna divieto di striscioni, tamburi e cori (vogliamo proprio vedere come si faranno a vietare i cori e soprattutto perché impedire che a cantare siano dei normalissimi sostenitori dei nerazzurri?!) in curva nord. Già disposti i Daspo per quattro ultras identificati come responsabili della cacciata. Silenziare una curva ha certamente un valore simbolico, ma se ci chiediamo quanto possa essere vissuto come vera e propria punizione da determinati soggetti la risposta resta in evasa. Se ci pensate, proprio del silenzio polemico e malmostoso i gruppi ultras fanno regolarmente un’arma nei confronti di squadra e società, quando le cose vanno male in campo o quando le loro richieste in termini di biglietti e ‘facilitazioni’ di altra natura non vengono ascoltate. Sembra francamente troppo una risposta in linea con il loro “mondo“, quando l’unica misura realmente efficace appare quella dell’allontanamento forzato dagli stadi. E il Daspo, da questo punto di vista è arma certamente molto più efficace del ‘bavaglio’. Qui, il discorso si fa molto complicato, chiama in causa le società e ci obbliga a guardare cosa si faccia all’estero: in Inghilterra, ma non solo, spettatori che si rendano protagonisti di comportamenti non diciamo contrari alla legge, ma banalmente al regolamento interno degli impianti (di proprietà della società, il che rende tutto più pratico e funzionale) vengono banditi a velocità supersonica dagli stadi dagli stessi club. Chiunque pensi di fare il fenomeno, atteggiarsi a protagonista – non è necessario compiere atti illegali, per cui si finisce in galera prima ancora di rendersi conto di cosa sia accaduto – sa di rischiare l’addio vita natural durante alle partite della propria squadra del cuore. Episodi come quello di Inter-Sampdoria in Premier League avrebbero portato al bando a vita entro 48 ore di chiunque fosse stato identificato come responsabile dello sgombero della curva (lo vogliamo proprio vedere in Inghilterra…). In Italia, abbiamo sempre un buon motivo – a cominciare dalla questione della proprietà degli impianti, per lasciar fare alle sole forze dell’ordine e alla magistratura. Prefettura e Questura fanno il loro lavoro. Polizia e Carabinieri sanno controllare a distanza per evitare situazioni pericolosissime per il pubblico e conoscono tutti i soggetti a rischio, ma non si capisce proprio per quale motivo le società non rompano gli indugi con ben maggiore severità nei confronti di soggetti che recano solo danni alla loro immagine e rispettabilità. A meno di non voler fare brutti pensieri.   di Fulvio Giuliani

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