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Patrick Zaki

Il clamore non è detto sia d’aiuto

Il clamore mediatico a suon di “giustizia per Zaki” scaturito dalla vicenda che vede coinvolto lo studente egiziano che studia a Bologna potrebbe portare ad effetti contrari alla sua assoluzione. Che non sembra così certa.
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Il clamore non è detto sia d’aiuto

Il clamore mediatico a suon di “giustizia per Zaki” scaturito dalla vicenda che vede coinvolto lo studente egiziano che studia a Bologna potrebbe portare ad effetti contrari alla sua assoluzione. Che non sembra così certa.
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Il clamore non è detto sia d’aiuto

Il clamore mediatico a suon di “giustizia per Zaki” scaturito dalla vicenda che vede coinvolto lo studente egiziano che studia a Bologna potrebbe portare ad effetti contrari alla sua assoluzione. Che non sembra così certa.
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Il clamore mediatico a suon di “giustizia per Zaki” scaturito dalla vicenda che vede coinvolto lo studente egiziano che studia a Bologna potrebbe portare ad effetti contrari alla sua assoluzione. Che non sembra così certa.
Si segue con passione la vicenda di Patrick Zaki, lo studente egiziano che studia a Bologna e che è stato arrestato e lungamente detenuto in Egitto. La passione per il suo caso discende dalla giusta e opportuna battaglia per la sua liberazione. Lo si è sentito come un nostro concittadino, anche se poi abbiamo visto che parla a stento la nostra lingua. Ma significa nulla, perché ogni persona che lotta per la libertà ci è fratello. Si tratta di capire, usando la ragione, come aiutarlo meglio. E non è detto che lo si stia facendo. Il tribunale egiziano ha rinviato ad aprile l’udienza, dovendosi ancora stabilire, pur essendo lui stato scarcerato, se sarà condannato o meno. Anche il rinvio è stato letto come un sopruso (magari il nostro non è il Paese adatto a dar lezione sui tempi giudiziari), reclamandosi “giustizia per Zaki”. Proprio sicuri che tanto clamore aiuti? All’inizio sicuramente sì. Purtroppo altri sono dimenticati nelle galere egiziane e l’avere avuto un sostengo esterno è stato prezioso. Ma ora si deve trovare il modo per uscirne, con minor danno possibile. Che la giustizia egiziana ne riconosca l’innocenza, così sconfessando l’accusa e condannando l’arresto, sarebbe bello ma non proprio probabile. Specie se si è pronti a diffondere nel mondo quella sentenza. Un po’ di calma e anche un po’ di ombra aiuterebbero. Speriamo nell’assoluzione, ma sarebbe già bene che non debba tornare in carcere. Se si punta ad avere le scuse egiziane c’è il rischio di fare un guaio.   di Sofia Cifarelli  

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