Da due anni ci perseguita. Il virus ha mutato tutto del modo di vivere al quale eravamo abituati. Ha prodotto la precarietà come modo di essere, ha generato l’incertezza delle cose del quotidiano, ha soffocato la normalità. Cerchiamo di non lasciarci spaventare, ma è un dato di fatto che ogni giorno i nostri canali di informazione ci relazionano sull’andamento della pandemia: non esiste, a mia memoria, alcuna altra notizia che sia durata tanto. All’inizio nessuno aveva creduto che la vita sulla Terra potesse essere travolta da un virus.
Subito dopo, è stato il panico: le immagini dell’impotenza hanno fatto venir meno le nostre certezze, al punto che persino ricordare quello che abbiamo visto, vissuto e subìto suscita disagio e sconcerto. Poi è venuto il tempo della reazione; la scienza, l’indice della nostra civiltà, ha prodotto il vaccino in tempi che non ci si sarebbe neppure potuti immaginare. Lentamente – secondo i ritmi di una ripresa sperata, ma della quale non vi era certezza –abbiamo ricominciato a vedere tracce di normalità: la possibilità di una cena, di lavorare a fianco degli altri, di camminare seppure mascherati, di bere un caffè al banco di un bar e poter viaggiare, pur con limiti che solo due anni fa avremmo considerato attentati ai nostri diritti fondamentali. Insomma il recupero di ciò che era, prima, solo banalità.
Questa passeggiata verso il mondo di prima la stiamo percorrendo vaccinandoci: noi italiani, finalmente primi tra gli altri, orgogliosi per l’opportunità di riconquistare ciò che solo due anni fa neppure ci accorgevamo di avere. Nonostante le polemiche di chi nega, di chi rivendica il diritto di non adeguarsi, di chi critica al punto di aggredire quanti pensano che sia meglio vivere.
Assurdità del pensiero libero, componente costante del modo di essere di un mondo di diseguali. Lentamente, con tutte queste aporie, continuiamo la marcia del ritorno al dominio dell’ovvietà: abbiamo bisogno di silenzio. Verrà il tempo del dopo Covid; ci volteremo a guardare ciò che è avvenuto, a poco a poco i ricordi perderanno la loro carica ansiogena e riacquisteremo la normalità. In fondo vivere non è così complicato. O no?
di Cesare Cicorella
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