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Il fascino della radio parlata

Qual è lo stato di salute della comunicazione? Il podcast, il racconto 2.0, è in crescita esponenziale e i numeri dell’ultima indagine Ipsos lo confermano. La radio, invece, zoppica.

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Il fascino della radio parlata

Qual è lo stato di salute della comunicazione? Il podcast, il racconto 2.0, è in crescita esponenziale e i numeri dell’ultima indagine Ipsos lo confermano. La radio, invece, zoppica.

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Il fascino della radio parlata

Qual è lo stato di salute della comunicazione? Il podcast, il racconto 2.0, è in crescita esponenziale e i numeri dell’ultima indagine Ipsos lo confermano. La radio, invece, zoppica.

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Qual è lo stato di salute della comunicazione? Il podcast, il racconto 2.0, è in crescita esponenziale e i numeri dell’ultima indagine Ipsos lo confermano. La radio, invece, zoppica.

È il racconto orale 2.0. Propone episodi e personaggi della storia, approfondimenti e reportage, fatti di cronaca e biografie, consigli e manuali parlati. Si tratta del podcast, un contenuto audio inedito pur senza essere un programma radiofonico. Resta comunque materia da radio, dal momento che (anche) le grandi potenze dell’Fm/Dab producono ore di podcast accessibili sulle piattaforme in streaming delle emittenti oppure nelle rispettive programmazioni.

L’indagine “Ipsos Digital Audio Survey” aiuta a capire le dimensioni di questo nuovo fenomeno della comunicazione in Italia. Dai 7 milioni di ascoltatori del 2019 si è passati ai 9 milioni e 300mila del 2021. Una crescita importante confermata anche quest’anno, con quasi 2 milioni di ascoltatori in più rispetto ai dodici mesi precedenti. La quota audience è passata dal 31 al 36%, segnando la crescita più alta dall’inizio delle rilevazioni. Il podcast resta un format trasversale e infatti a crescere è il target adulto con un profilo socio-culturale qualificato. Indicativo anche il dato che fotografa il tempo medio di fruizione in una giornata: l’11% degli utenti lo ascolta fino a 10 minuti, il 28% sino alla mezz’ora. L’indagine Ipsos ci conferma inoltre che questo mezzo aumenta l’attenzione e la fidelizzazione degli ascoltatori, con segnali positivi soprattutto nel campo dei prodotti seriali.

Non è invece un gran momento per le radio, che salvo qualche rara eccezione stanno segnando il passo non tanto sul piano dei numeri quanto su quello dei contenuti. Tra le emittenti che fanno milioni di ascoltatori si è imposta ormai da tempo una comprovata standardizzazione di formato, nella conduzione, nella scelta degli argomenti, nell’impaginazione delle news, nelle modalità di intrattenimento, nella musica. Eppure oggi conta il parlato: la motivazione d’ascolto sta in ciò che si dice e si approfondisce. Probabilmente questa tendenza va ascritta a fenomeni ineludibili. Il principale è l’invecchiamento della società italiana, cui segue il disamore di giovani e soprattutto giovanissimi verso le playlist delle radio. Anche perché il consumo della musica è ormai personalizzato, con colonne sonore attinte dagli immensi contenitori delle piattaforme digitali.

I modelli di talk radio si stanno così affermando anche nel nostro Paese e il podcast ne rappresenta una versione di indiscutibile interesse. Anche se in netta espansione, resta comunque agli inizi e deve ancora trovare una sua identità precisa se è vero, come indica un’indagine pubblicata da “Il Sole 24 Ore”, che la metà degli italiani ignora addirittura la sua esistenza. Nel frattempo non potrà che migliorare la qualità stessa del prodotto, a cominciare dalla conduzione. Spesso si ascoltano voci professionali che mettono troppo poco trasporto nella comunicazione dei contenuti oppure delle letture che ricordano quella di un tema in classe al liceo. Tipici errori di gioventù.

di Fabio Santini

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