Fra le esperienze che abbiamo sperimentato con la pandemia, c’è sicuramente quella della nuova organizzazione del lavoro: lavorare da remoto è un’occasione per tutti, in particolare per il Sud.
Veniamo da un biennio di pandemia in cui il Covid ha rivoluzionato le nostre vite, sia in ambito lavorativo che familiare. La consapevolezza che nulla possa essere dato per scontato è cresciuta e la lezione per cui il rischio zero non esiste è stata meglio appresa da sempre più cittadini, giovani e anziani.
Fra le esperienze che abbiamo sperimentato c’è quella della nuova organizzazione del lavoro: l’impegno orientato a fissare e raggiungere obiettivi che supera il mero conteggio di ore trascorse in un determinato ufficio, seduti alla stessa scrivania. Circolari ministeriali e inviti delle associazioni imprenditoriali hanno animato dibattiti sul come gestire le ore dei lavoratori: lo sforzo a riequilibrare il rapporto fra “lavoro in presenza” e “lavoro agile” – secondo modalità organizzative più congeniali alle varie situazioni – si è manifestato nella pubblica amministrazione e nel settore privato con esiti alterni, spesso legati alle tipologie di impieghi. L’utilizzo al meglio dei nuovi strumenti smart è stata una prova su cui tanti imprenditori e dirigenti si sono dovuti misurare.
D’altra parte, la pandemia ha accelerato processi di trasformazione e mutato la cultura del lavoro per target. Particolarmente interessante è osservare l’impatto di questo processo nel nostro Sud: qui il tipo di retaggio culturale di chi fa impresa spesso fatica da anni a metabolizzare le novità in fatto di organizzazione del lavoro, impattando sugli equilibri tra le esigenze dei lavoratori e la gestione degli impegni familiari, troppo spesso frustrati dal rincorrere Dad e nonni, che svolgono funzioni di welfare aggiuntivo.
Sensibilizzare i datori di lavoro a usare strumenti di gestione anche a distanza ha rappresentato una prova di responsabilità e maturità. Per poter dire di averla davvero superata servirà osservare le modalità implementate ora che ci avviamo a vivere nel mondo post pandemico. È una sfida che coglie Maria Cesaria Giordano, ceo di HrCoffee, startup pugliese che ha sviluppato nuovi modelli di gestione delle risorse umane. La mission è lavorare sul coinvolgimento delle persone favorendo e stimolando l’interazione tra i collaboratori, con un modello di gestione del personale basato su approccio people based, digitalizzando i processi aziendali attraverso sistemi di social collaboration e people analytics.
La tecnologia rappresenta sicuramente un valido strumento a supporto di logiche nuove e ben precise di sviluppo e crescita delle persone. Il people analytics, ad esempio, interviene come supporto nelle scelte da prendere anche per incrementare la motivazione. Il dipendente deve potersi autovalutare ed essere valutato, in ottica di miglioramento della propria persona. È finito il tempo della caccia alle streghe ma è il momento di assumersi piena responsabilità del proprio ruolo.
di Antonluca Cuoco
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